Regia di Paul W.S. Anderson vedi scheda film
Non è neanche fuori tempo massimo. Perché non è mitologico, non è avventuroso, insomma non è un peplum. Qui siamo di fronte a un film digitalmente catastrofico totalmente avulso dalla storia passata (se non per l’eterna commistione tra palazzinari e politici), aspirante blockbuster, e anche per questo anestetizzato in qualsiasi sua idea più radicale o forma meno consueta, a partire dai combattimenti. E qui non si tratta tanto di sottolineare l’ovvietà del racconto, del destino già segnato di tutti i personaggi appena appaiono sullo schermo, quanto la mancanza di un’idea portante che riduce il film a un aggregatore di situazioni in cui il déjà vu si compone di titoli ben precisi: a partire dall’incipit di Conan il barbaro e poi giù in ordine sparso con Spartacus, Titanic, Il gladiatore, Dante’s Peak - La furia della montagna e - involontariamente? - L’uomo che sussurrava ai cavalli. Peccato perché poi Paul W.S. Anderson, a cui s’addice più il futuro di Punto di non ritorno o dei vari Resident Evil che questo passato o quello di I tre moschettieri, riesce anche a inventare situazioni visive inedite (come l’avvio di naumachia per le strade di Pompei) che però non trovano uno sviluppo narrativo adeguato. Purtroppo non gli vengono in aiuto nemmeno gli attori, tra cui spicca lo scialbo e monoespressivo Kit Harington (Il trono di spade).
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta