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Ritorno alla vita

Regia di Wim Wenders vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Ritorno alla vita

di alan smithee
5 stelle

 

locandina

Every Thing Will Be Fine (2015): locandina

Il ritorno di Wim Wenders ad un cinema a soggetto fa restare un po' sul chi vive, dopo i non eccelsi risultati delle sue precedenti recente esperienze, che si contrappongono al fine ed interessantissimo lavoro nel capo del documentario, ultimo su tutti quello dedicato alla figura e all'opera del fotografo Salgado (Il sale della terra). Presentato in Concorso a Berlino 2015, EVERY THING WILL BE FINE è incentrato anche stavolta, come nel caso del film francese precedente, su uno scrittore famoso, questa volta per meriti opportunamente guadagnati sul campo e non farina del sacco altrui.

Il film è incentrato sulla arcinota e molte volte trattata elaborazione del lutto, che coinvolge lo scrittore in seguito ad un incidente stradale durante il quale, seppur in circostanze non dipendenti da sua responsabilità, egli uccide involontariamente, investendolo, un bambino di pochi anni mentre questi gioca imprudentemente col fratello più grande sulla slitta nei pressi del ciglio stradale di un tratto di campagna poco frequentato.

La vicenda fa si che l'uomo (James Franco) rimanga in contatto con l'eccentrica madre del bambino (chi meglio di Charlotte Gainsbourg poteva interpretarla?) e il figlio sopravvissuto, che nell'arco di dodici anni diviene un ragazzo adulto e incrocia, non senza premeditazione, la vita dello scrittore, nel frattempo in crisi con la sua donna (Rachel Mc Adams) e angosciato dalla responsabilità che lo attanaglia e costringe a redigere, seppur mentalmente, un bilancio molto severo o cupo della propria esistenza apparentemente privilegiata di uomo di successo.

Quella del grande autore tedesco è certamente un'opera sentita e diretta con le migliori intenzioni, che tuttavia non si traducono proprio in un prodotto memorabile ai livelli di quanto ci ha abituato l'autore dagli anni Settanta ai Novanta. James Franco risulta sempre un po' troppo sottotono, quasi incupito e catatonico per risultare convincente e credibile, e la storia procede in un arco temporale che non appare credibile o concorde con il naturale inevitabile invecchiamento dei suoi tormentati protagonisti. Più dubbi che perplessità insomma, confermando che Wenders rimane un grandissimo soprattutto quando mette da parte la fiction per dedicarsi al documentario.

 

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