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I mercenari 3 - The Expendables

Regia di Patrick Hughes vedi scheda film

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La recensione su I mercenari 3 - The Expendables

di M Valdemar
6 stelle



locandina

I mercenari 3 - The Expendables (2014): locandina

 

 



Terza missione per i mercenari, ancora un restauro conservativo del "dinamico" museo delle cere: la formula rimane inalterata, lo spirito e la simpatica tamarraggine, pure.
Storia - per quello che vale - "easy", di facilissima lettura e classicamente schematica, personaggi sui generis - ognuno modellato su caratteri ben definiti ed elementari -, psicologia minima, autoironia d'obbligo, aria di complicità machista; e tanta, tanta azione "analogica", nel solco tracciato dal carrarmato della nostalgia anni ottanta e pilotato dall'indefesso roccioso Stallone. Ingredienti base di una ricetta che, almeno per le due puntate precedenti, ha portato fortuna, (nuova) gloria e successo al box office.
Onde evitare di incorrere in una stanchezza generale, causa la ripetitività della formula stessa e senza l'appeal della novità, col pericolo che potesse trasmettersi anche in una stanchezza ricettiva da parte del pubblico (cosa avvenuta in effetti negli USA), si è giocata la carta dei "giovani", ovverosia l'innesto "dolce" e indolore di un manipolo di facce imberbi su fisici adeguatamente pompati. Insomma, un possibile (ed inevitabile) ricambio generazionale. Impresa non propriamente riuscita, vuoi perché il vecchio Sly fatica a mollare l'osso del protagonismo a tutti i livelli (per sé e per dopo di sé alla fida compagnia) - e quindi le principali scene, le scene madri, ed il minutaggio sono sua esclusiva -, vuoi perché i bambocci(oni) hanno il carisma di una scatoletta di tonno: insuperabilmente anoninimi; eccezion fatta, per la bionda muscolosa, l'artista marziale Rounda Rousey. Ma solo per il fatto che si tratta dell'unica femmina in mezzo a quel branco eterogeneo di maschioni (difetto atavico della serie, e sì che di candidate ce ne sarebbero, eccome).
Svanita la carta sorpresa in una nuvola di polvere da sparo, difatti, a pesare sulla pellicola è la sensazione del già visto, un motiv(ett)o monotono di cui si conoscono fin troppo bene melodia, ritmo, cori e ritornello.
Ferma comunque la validità dell'idea alla base del progetto - in particolare in un'epoca come quella odierna appesantita (= ammorbata) da un'infinità di opere (che siano blockbuster, b-movie o prodotti seriali) fatte con lo stampino (digitale) - non resta che stare al gioco.
Così, torna familiare gustarsi la girandola di mercenari attori (o attori mercenari ...) impegnati nelle loro militaresche/manesche imprese e performance atletiche, con i buoni da una parte e i cattivi dall'altra, quelli più protagonisti in primo piano e quelli comprimari sullo sfondo. Sono tanti, troppi, complicato gestirli (e si vede), la sceneggiatura non è esattamente il punto forte (né mai lo è stato).
A divertire (moderatamente), sempre come da copione, è la gestione delle new entry, introdotti come fosse un reality show, forti di presentazione a suon di battute dal deciso sapore personale.
Primo della lista Wesley Snipes (nota la sua permanenza nelle patrie galere per reati fiscali) il quale, fatto evadere, a precisa domanda così risponde sulle motivazioni della prigionia: «evasione fiscale». Impagabile. Esentasse (forse).
Poi c'è Harrison Ford, che dichiara solenne l'uscita di scena definitiva del fu Bruce Willis (reo di aver chiesto un salario esagerato per una partecipazione così esigua) mentre in una successiva è al comando di un elicottero tutto gasato quando gli chiedono dove avesse imparato a pilotare.
Infine, Antonio Banderas (però, meglio la salsa verde o la pearà come accompagnamento a cotanta fiera del bollito?), al quale è affidato il compito della macchietta per alleggerire i toni (con il risultato che è così macchiettistico che supera il nero-tinto Arnold Schwarzenegger, presenza inutile), e che pronuncia il motto dell'operazione-Mercenari: «l'età è uno stato mentale».
Anche la psicopatia lo è. A Mel Gibson riescono bene i pazzi furiosi assassini con gli occhi da pazzo furioso assassino (qui è mercante d'armi, criminale di guerra, amante dell'arte nonché ex co-fondatore dei mercenari): è nettamente il migliore della nutrita pattuglia, uno spasso anche se è roba riciclata.
Come appunto un riciclo generale e generico è questo terzo episodio della saga (che pare possa proseguire); ma, è un po' come ascoltare gli album "tutti uguali" degli AC/DC: non significa che non ci si possa divertire.
Aperto da una sequenza al fulmicotone (molto ben diretta dal regista Patrick Hughes, buon lavoro il suo nel complesso) ambientata dentro/sopra un treno che il liberato Snipes scaraventa a folle velocità contro una fortezza, e chiusa dall'immancabile allegra rimpatriata che, tra abbeveraggi alcolici e gare di coltelli (ovvero, chi ce l'ha più lungo tra Statham e Snipes), intona al karaoke Old Man di Neil Young (!!) - The Expendables 3 dimostra di avere (ancora) senso di (r)esistere.

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