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Fish & Cat

Regia di Shahram Mokri vedi scheda film

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La recensione su Fish & Cat

di OGM
8 stelle

La logica si morde la coda. Il tempo è circolare, ed è per questo che è impossibile tornare indietro, se non andando avanti. Il secondo lungometraggio del regista iraniano Shahram Mokri è costruito intorno alla ciclicità del caso, che rende il corso degli eventi imperscrutabile ed indecifrabile, proprio perché eternamente all’inseguimento di se stesso. Il futuro è una questione passata, ed è per questo che non lo si vede; ed il passato è ancora di là da venire, e dunque non ci è dato conoscerlo. Non sappiamo che fine abbia fatto Maral, la ragazza partita dal campeggio per una commissione e mai rientrata. E chissà dov’è finita la custodia delle lampade di Parviz. Non la può ritrovare, per il semplice motivo che non l’ha ancora persa. Il discorso fila alla perfezione, mentre tutti i personaggi della storia aspettano che riaccadano i fatti che sono già successi, ma che nessuno di loro ricorda. Il déjà-vu è la momentanea intuizione di una verità che, se scoperta nella sua interezza, farebbe saltare i circuiti del pensiero, insieme alle categorie del prima e del dopo. La vita è innaturalmente, ma fluidamente, continua, e segue il suo volteggio di corsi e ricorsi, senza mai contraddirsi, mantenendo intatta la propria coerenza, che mai fuoriesce dal recinto delle sue finite possibilità. Le attraversa a passo di danza, rimettendo ripetutamente il piede sulla stessa casella: la mossa è nuova, ma il risultato è vecchio. Lo spettatore non si stanca, perché cambia, ogni volta, il modo in cui si arriva in quel determinato luogo: varia l’antefatto, muta l’angolazione dello sguardo. Questo film si sviluppa come un’acrobatica ricombinazione di pochi ingredienti – due  uomini che passeggiano nel bosco, un gruppo di ragazzi partecipanti ad una gara di aquiloni – che si annodano e si sciolgono lungo un unico piano sequenza della durata di oltre due ore. Non si tratta di mero virtuosismo tecnico; l’esperimento, tra l’altro,  non è del tutto originale, dato che vanta almeno un precedente nell’uruguayano La casa muda. Il vero pregio è nella sobria compostezza con cui ci viene propinato il paradosso, che sembra diventare necessario per poter chiudere il cerchio e fare in modo che un racconto riesca a stare dentro i confini di questo nostro mondo limitato. Il contesto,  all’interno del quale possiamo esercitare la nostra capacità di lettura e comprensione, è per forza di cose sempre ristretto; le vicende che vi si svolgono, a lungo andare, finiscono presto o tardi per rimbalzare tra le sue pareti. Ma – ed è questa la sorpresa – il momento in cui ciò avviene non costituisce affatto una frattura o un salto nell’evoluzione. Quella fase è una parte integrante del processo, del quale essa porta alla luce la particolare cadenza armonica, non rigida come una linea retta, bensì sinuosa come una spirale. La curvatura dello spazio occlude ovunque la visuale e qualcosa rimane inevitabilmente nascosto ai nostri occhi (come un gatto che miagola al di qua dell’obiettivo):  basta questo a darci l’illusione della Terra piatta, e di una consequenzialità che procede diritta come un fuso. Fish & Cat  svela, a suo modo, il mistero della relatività della nostra percezione, ossia il trucco dietro la magia che ci fa sentire padroni di un’evidenza inesistente.

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