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Piccola patria

Regia di Alessandro Rossetto vedi scheda film

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La recensione su Piccola patria

di alan smithee
7 stelle
Riprese aeree vertiginose sorvolano un territorio agricolo ed industriale che alterna capannoni rurali a terreni coltivati, casette dai lineamenti semplici e cubiformi con cortili invasi dal cemento grezzo su cui scorazzano animali da giardino ed allevamento: poco oltre, incastonato in quel contesto rural-industriale, si distingue, irrispettoso dell'ordinarieta' circostante e quasi impudicamente tronfio e megalomane con le sue due piscine, l'erba sintetica dei solarium e le aiuole simmetriche ed addomesticate, l'hotel quattro stelle Antares: atrio volgarmente lussuoso con drappeggi fine a se stessi, ampie vetrate che si affacciano su stalle e campi lasciati a loro stessi, camere asettiche ed impersonali come nella migliore tradizione delle strutture alberghiere per uomini d'affari. Al suo interno due ragazze addette alla pulizia delle camere si scambiano confidenze su amori ed avventure, si scherniscono, scherzano con le mani addosso una sull'altra e si raccontano come una delle due riesce ad arrotondare i 250 euro di paga mensile, concedendosi a qualche uomo vizioso del posto. Uno di questi in particolare e' un cliente affezionato e quando la ragazza  gli propone di spiare l'amica mentre fa l'amore col ragazzo albanese, scopriamo che si tratta di un gioco premeditato tra le due giovani per ricattare il malcapitato, lucrandone un riscatto in cambio di foto scomode, imbarazzanti, che cominciano a circolare maliziosamente. Di contorno a questa torbida vicenda troviamo un alveare di vite sospese tra il grigio anonimato di una crisi economica che comincia a piegare pure un Veneto fieramente secessionista ed orgoglioso, fino a poco tempo fa traino economico di un paese e che ora sembra sapere solo richiamare a se' gli immigranti per i lavori piu' massacranti e umili, ma poi nel contempo li segrega e li insulta di sottrarre ai nativi posti di lavoro preziosi, fondamentali. E mentre una madre dinamica e mai doma cerca di ritrovare il dialogo con una figlia distante (con la mente e lo spirito, piu' che col corpo, sempre perennemente esibito e scosciato, attraente e fiero), e di ridare una dignita' all'uomo ora amorfo e racoroso che un tempo (lontano una vita) la fece innamorare, mentre poco distante una sorella cinquantenne sola e laboriosa porta avanti la sua lavanderia industriale  sopportando i furti maldestri di un fratello ricattato e assuefatto al vizio; mentre un immigrato albanese cerca di non arrendersi all'idea che un amore possa essere per una volta disinteressato e puro, l'Italia vista dall'alto dei cieli, ci appare davvero una piccola, piccolissima patria che sprofonda nel dolore e nella violenza cieca e disperata. Una terra livida e poco ospitale dove i locali imparano il cinese, divenuto ormai miraggio di nuova vita e nuove possibilita' di sussistenza. Un esordio ammirevole quello di Alessandro Rossetto, che ci lega al suo territorio con un dialetto ostinato e ostentato anche da cori e canzoni locali che costituiscono efficace e dirompente  colonna sonora per tutta la pellicola. Con attori per lo piu' sconosciuti, ma validi e credibili, tra i quali non puo' non distinguersi tuttavia, per bravura ed intensita', l'unica veramente nota, la splendida Lucia Mascino.
 

 

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