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Locke

Regia di Steven Knight vedi scheda film

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giancarlo visitilli

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La recensione su Locke

di giancarlo visitilli
8 stelle

Il cinema scritto. Quello la cui scrittura fa la differenza, insieme all’ottima regia e la strepitosa interpretazione. Ricordo che, alla 70ma Mostra del Cinema di Venezia, il film che ci mandò in brodo di giuggiole, tutti, l’inspiegabile Fuori Concorso Locke di Steven Knight, il giorno dopo la presentazione alla stampa, sono andato a rivederlo. Ci sono tornato giorni fa per rivederlo ancora. Sebbene doppiato, non so quante altre volte andrò al cinema per rivedere Locke

Perché si tratta del racconto, finalmente, di una brava persona, ma soprattutto di un uomo che vive responsabilmente il suo ruolo di padre, di gran lavoratore e onesto cittadino, la cui vita gli crolla addosso in una sola notte. In un unico luogo, la sua auto, mentre si barcamena fra decine e decine di chiamate, perché il cantiere per il quale lavora deve andare avanti, suo figlio e sua moglie sono in attesa della sua presenza e un nuovo figlio sta per salutarlo con il suo primo vagito.

Un’esperienza di cinema unica, più che rara. Tutti, in sala, si è accanto al guidatore, su una strada che non è dissimile, rispetto alle tante che percorre ognuno nella propria quotidianità.

Il regista inglese, Steven Knight, che ha cosceneggiato film con colossi come Stephen Frears e Cronenberg, scrive un film capolavoro. Lo gira in modo magistrale e lo affida al magnetismo di un attore, Tom Hardy (Bronson), che lascia il segno. Guardare Locke è come leggere un gran bel romanzo, come “Wyoming” di Barry Gifford.

Con Ivan Locke viviamo l’esperienza claustrofobica dell’anima, al cui corpo non manca il respiro, ma la capacità di fare spazio nella propria vita ad una guerra, a colpi di rimorsi, rimpianti, soprattutto mancanze. Il film di Knight ricorda, per alcuni aspetti, Buried – Sepolto (2010) di Rodrigo Cortés, interamente girato in una bara e con un unico attore, per altri ancora rimanda a Drive (2011) di Nicolas Winding Refn,  ma nonostante ciò, la costrizione ad esserci, in tutti i sensi, nella storia di Ivan, è molto più accentuata. Con lui costruiamo edifici, a svantaggio della demolizione delle nostre misere vite, che non hanno nulla della solidità del cemento. Facendo la proverbiale esperienza di come possa bastare poco, per lasciarsi guidare da quelle conseguenze dell’amore. Le uniche indicazioni possibili, per un cammino, prossimo al cambiamento.

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