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The Orheim Company

Regia di Arild Andresen vedi scheda film

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La recensione su The Orheim Company

di OGM
8 stelle

Terje è un padre autoritario, violento, alcolizzato. Picchia la moglie Sara e maltratta il figlio Jarle. Pretende di comandare ad ogni costo, deve essere lui a pianificare, in tutto e per tutto, la vita familiare,  compresi i passatempi e le frequentazioni del ragazzo. Ma questi non ne vuole sapere, perché ama la musica pop, e, anziché andare in bicicletta per la campagna, preferirebbe stare in casa tutto il giorno, davanti alla tv, per non perdersi neanche un minuto del concerto del Live Aid. E poi, per le vacanze, ha progetti ben diversi rispetto all’escursione a sfondo storico organizzata da Terje. Jarle vive nel presente, coerentemente con la sua epoca e la sua età, in cui non c’è più spazio per la nostalgia degli antichi eroismi, perché sono altre e ben più pressanti le questioni che attanagliano la società, a cominciare dagli squilibri economici, dalla mancata integrazione degli immigrati, dal dilagante razzismo. Jarle ci prova, a rispondere al  richiamo di un mondo inquieto, liberandosi dalle imposizioni paterne, per potersi costruire una identità autonoma, sul piano personale ed ideologico. Ma Terje non ci sta. È un debole, che ad ogni occasione si attacca alla bottiglia, eppure è ben determinato a tener fede ad un preciso impegno che ha assunto con se stesso. Il suo traguardo, sia pur perseguito con mezzi inadeguati, e spesso crudeli, è tenere unita la famiglia. Quella piccola tribù deve costituire una squadra, una compagnia, per usare un termine militaresco. Bisogna che la battaglia continui, ad ogni costo. Occorre essere tenaci come quei resistenti norvegesi, che durante la seconda guerra mondiale, hanno percorso chilometri a piedi, attraverso le montagne, per sabotare un impianto destinato alla produzione di acqua pesante: una struttura realizzata dai nazisti, nell’ambito del loro programma per la costruzione di armi nucleari.  Terje crede fermamente alla forza della perseveranza, che non può essere pregiudicata da quelli che considera futili capricci individuali. Il suo piano fallirà, a causa della sua eccessiva intransigenza, ed il suo matrimonio terminerà nel peggiore dei modi, con la fuga della consorte e la disaffezione del figlio. Ma quell’uomo, in fondo, era solo un essere incompreso: un capo che non è stato in grado di imporsi, né di rendere chiare e condivisibili le proprie idee. È questa frustrazione che lo ha fatto precipitare nel vizio, facendolo sembrare cattivo ed egoista. Jarle lo capisce solo molti anni dopo, una volta adulto, nel momento in cui Terje, improvvisamente, muore. Allora ripensa a quegli eventi e vi scorge l’infelicità di un padre che si rendeva conto, giorno dopo giorno, di non essere all’altezza del ruolo che gli era stato assegnato, quello di costituire un punto di riferimento per i suoi cari, creando complicità e compattezza, ispirando fiducia e concordia. Un peccato di egocentrismo confuso col senso del dovere. Una missione nobile e importante, ma rozzamente concepita, e maldestramente messa in atto. Una visione patriarcale fondata sulla sabbia. Miseramente naufragata, però sostenuta dalle migliori intenzioni.

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