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Ben-Hur: A Tale of the Christ

Regia di Fred Niblo vedi scheda film

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La recensione su Ben-Hur: A Tale of the Christ

di riccardo III
8 stelle

Il cinema muto, Chaplin e rari festival a parte, è come se fosse stato cancellato dalla faccia della terra. Procurarsi i film può non essere facile, e la loro visione offre molte sorprese, oltre a richiedere un certo spirito di adattamento. Il Ben-Hur muto, kolossal dal budget astronomico, girato in Italia e in California dal regista statunitense di genitori italiani Fred Niblo, è un caso tipico. Innanzitutto, le sorprese: scene molto brutali (la voga e la battaglia navale, ad esempio, dove se ne vedono di tutti i colori), oppure, stupore totale, il seno nudo delle ragazze che lanciano fiori davanti alla biga del neo-campione del Circo Massimo. E infatti, mi dicono, codice di censura vero e proprio non ce n'era, solo una entente cordiale tra produttori. Sul versante registico, la battaglia navale, girata in Italia con navi vere, non modellini, supera di gran lunga la versione del '59. L'autenticità del mare e delle navi salta all'occhio; inoltre, stando a un documentario, la scena in cui la nave ammiraglia va a fuoco e si vedono le comparse lanciarsi in acqua sarebbe vera. Poi, la corsa delle bighe. Conoscendo le macchine da presa dell'epoca e le conseguenti grandi difficoltà nel girare una scena d'azione, fa meraviglia un simile risultato. Non è il capolavoro di trentacinque anni dopo, ma è già molto avvincente, con un ritmo sostenuto e quelle che oggi sembrano ingenuità allora erano considerate accettabili (il velocizzare la pellicola). Anche qui, un caso fortuito (la mischia finale, un macello in cui probabilmente sono morti diversi cavalli) è stato incorporato nel montaggio finale. E' curioso notare (e anche tipico, purtroppo) come alcune delle trovate più famose del film sonoro erano già presenti qui, non solo nella corsa delle bighe, ma anche la celeberrima decisione di non mostrare mai Gesù Cristo se non di spalle: non so però se il merito sia di Niblo o della sceneggiatrice June Mathis (non certo di William Wyler che se l'attribuiva). Molto notevoli sono anche le scene e i costumi, necessariamente ricchissimi e curatissimi, oltre che totalmente folli e con un che di vagamente liberty (per fare solo un esempio, le mises delle cortigiane alla corsa, tra cui si intravede persino Gloria Swanson). Gli effetti speciali sono eccellenti, nel caso del circo l'illusione è pressoché perfetta.
Riguardo invece allo spirito di adattamento, c'è la recitazione molto sopra le righe di alcuni degli attori, la verbosità e pomposità eccessiva delle didascalie (June Mathis adorava esagerare:)), ed essendo il film girato negli anni Venti, a Roma e al suo potere tirannico non si risparmiano sacrosante frecciate), la necessaria semplificazione dei passaggi narrativi e l'eccessiva fedeltà al libro, all'epoca ancora conosciuto, venduto e amato, oggi giustamente caduto nel dimenticatoio. Molto interessante - ma da fare in altra sede -  sarebbe un confronto proprio tra il libro e le tre versioni (1925, 1959 e 2009): le differenze più marcate sono il sempre più accentuato allontanarsi dal testo e il progressivo indebolimento della figura di Cristo, fino alla sua quasi totale sparizione nel 2009.
In conclusione, una visione molto stimolante e curiosa.

Sulla colonna sonora

Ottima la colonna sonora composta da Carl Davis in occasione del restauro.

Su Ramon Novarro

Un bellissimo giovanotto di 25 anni, che quando è senza trucco (nelle scene in cui è schiavo) rivela tutta la sua origine messicana. Efficace in alcune scene, molto esagerato in altre.

Su May McAvoy

Tipica gattamorta ultra-affettata, la "santa" del pantheon maschilista, tutta smorfie e arie innocenti.

Su Carmel Myers

Non poteva mancare la "puttana"! Anche qui altre smorfie, meno stupide dell'altra, ma purtroppo l'attrice, che era una bravissima comédienne, deve soccombere agli stereotipi dell'epoca. Molto bella, comunque.

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