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Child 44 - Il bambino numero 44

Regia di Daniel Espinosa vedi scheda film

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Utente rimosso (SillyWalter)

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La recensione su Child 44 - Il bambino numero 44

di Utente rimosso (SillyWalter)
7 stelle

 

 

 

       Sono un po' spiazzato. Non è affatto un brutto film nel suo genere, anzi...Il punto è però chiarire quale sia il suo genere e la promozione non si è certo dannata per farlo. "Ispirato alla storia vera del serial killer di Rostov" fa da degno compare in cartellone a "DA Ridley Scott" (io nella mia ottusa gioventù caddi tra le spire di un "Dario Argento presenta"...). È insomma probabile che date le premesse il film abbia deluso se non irritato più di uno spettatore, soprattutto perché non appartiene al (sotto)genere "serial killer", o almeno non ai canoni che lo hanno ad oggi caratterizzato. Quindi non c'è alcuna fascinosa incarnazione del male come protagonista. Nessun superuomo dalla portentosa intelligenza e dallo squisito palato. Nessun simbolico e trascendente tristo mietitore prodotto di fantasiose derive psichiche. C'è giusto un accenno di psicotico molto reale...ma è appunto un accenno, non lo si può nemmeno annoverare tra i non protagonisti.

 

 

      CHILD 44 ha piuttosto l'aspetto di un affresco cupo e crudo sull'attività della polizia segreta russa nel secondo dopoguerra, sul quale si innesta la travagliata ricerca della verità riguardo a una scia di bambini uccisi ma archiviati come incidenti dalla polizia stessa (perchè "in paradiso non ci sono omicidi", "Stalin ci insegna che l'omicidio è una degenerazione delle società capitalistiche"). La trama si focalizza sull'attività di Leo (Hardy), agente dell'MGB di Mosca (sorta di antenata del KGB) che solitamente si occupa di scovare (presunti) traditori e spie. La prassi di colleghi e superiori è quella di usare l'accusa di tradimento per regolare affari personali, "dare l'esempio" e disincentivare il libero pensiero. Per colpire Leo viene ingiustamente accusata anche sua moglie Raissa (Rapace, nel senso di Noomi), il che porterà Leo a dover scegliere tra difendere la moglie condannando anche se stesso e i propri genitori adottivi come complici oppure confermare l'accusa di tradimento sacrificando la moglie...

 

 

 

      Come detto l'indagine vera e propria sull'assassino si mette in moto tardi e procede a strattoni sempre contrastata dalle faide interne all'MGB, ma a chi non si lascia indispettire dalle attese tradite il film può regalare diverse piacevoli sorprese. Innanzitutto ottime prove attoriali da parte di tutti. Facce e modi che si fondono con una bella descrizione d'ambiente realistica e inflessibilmente dura. Molto bravo Tom Hardy, sguardo inquieto, volto segnato da dolori e durezze che vengono da lontano, adattissimo al bel ruolo che da mezza carogna lo conduce attraverso un'evoluzione quasi involontaria a sfidare superiori e difendere cause perse. Si comprende subito che è una strana forma di eroe che si fa fatica ad amare e che sicuramente non corrisponde alla silhouette di chi solitamente troviamo opposto a un serial killer. Ma questo è tutt'altro che un difetto. Il suo percorso è interessante, non banale, costretto com'è tra la sua infanzia di orfano (che gli dà una sensibilità particolare rispetto alla sorte dei bambini) e il suo ruolo nella polizia segreta che l'ha indurito e costretto a preoccuparsi solo del dovere senza mettere in discussione ordini e motivazioni. A ciò si aggiunga una moglie che lui sembra amare (per quanto possa in una situazione disperante e paranoica) ma che presenta delle ombre e gli nasconde forse qualcosa, il che renderà ancora più dura la decisione riguardo allo schierarsi o meno dalla sua parte (anche la Rapace è assolutamente convincente nell'alternare toni più soffici e dimessi ad altri più drammatici). La relazione tra i due diverrà sempre più centrale col procedere del film, passerà tra scontri e rivelazioni e li porterà a condividere prove e durezze impensabili che (inevitabilmente) li avvicineranno (intelligente e coerente il finale che evita lo sdolcinato, come l'intera vicenda, chiudendo però il cerchio con il giusto tocco positivo...).

 

 

        In definitiva, per gioco e per sintesi, lo si potrebbe definire come un LE VITE DEGLI ALTRI con una spruzzata di ZODIAC (detto così sembra un profumo). L'intreccio di indagini e guerre intestine alla polizia segreta funziona egregiamente, crea atmosfere paranoiche e rende la seconda parte più vivace e ricca di suspense (e anche di scontri feroci). Ma immagino sia troppo poco e troppo tardi per chi si prefigurava una "caccia al ladro" o ricostruzioni di curiosi decessi (ecco un'altra promessa disattesa, i 44 morti del titolo, tutti fuori scena) o voleva addentrarsi nella psiche e nel modus operandi del vero mostro di Rostov.

       Aldilà della pubblicità ingannevole resto comunque con l'impressione che l'insieme sarebbe risultato più completo se avessero inserito per tempo la figura del serial killer o le vicende delle sue vittime (magari intrecciandoli ad altri percorsi...uno dei bambini uccisi è il figlio di un amico di Leo, potevano iniziare da quello). Oltrettutto trattati con il bel taglio crudo e crudele adottato dal regista (lo "svedese" Daniel Espinosa) avrebbero certo fatto effetto ed aiutato ad ampliare il discorso sul brutale ambiente in cui erano costretti a crescere i bambini russi (che è un po' un filo rosso e il motore di diversi importanti cambiamenti lungo tutto l'arco del film).

 

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