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Saranno famosi

Regia di Alan Parker vedi scheda film

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La recensione su Saranno famosi

di maso
8 stelle

La fama e la fame stanno bene entrambe come significato della parola FAME che da il titolo a questo film bandiera degli anni ottanta collocato giustamente all'inizio di una decade che si trascina dietro le scorie e le sonorità dei tumultuosi anni settanta ma saprà sempre più allontanarsi da essi con nuove forme di espressione nella sfera artistica che nessuno meglio degli alunni di un’accademia di belle arti off-Broadway può sprigionare.

Alan Parker fa una scelta formale ben precisa fin da subito: lascia i suoi attori a briglia sciolta filmandoli come se fosse un professore dell'istituto che li sta selezionando per testare le loro capacità artistiche, utilizzando questa tecnica prende tre piccioni con una bobina dando vita ad una mezzora introduttiva d'antologia nella quale le immagini tagliate con l’accetta ci fanno respirare un'atmosfera da cinema verità coreografato all'interno della scuola invasa da giovani artisti di tutti i colori mossi da varie pulsioni ma uniti da un'unica ambizione che è quella di diventare famosi.                                                 

La trama presenta i personaggi principali dietro e davanti la cattedra tra i quali si stagliano indiscutibilmente il ballerino di colore Leroy proveniente dai bassi fondi che si muove in maniera sexy e irriverente denotando una sfrontatezza che artisti quali Prince e Michael Jackson svilupperanno di li a poco, Coco' prototipo della show girl completa che sa cantare e sa suonare e tutti aiuterà, Bruno Martelli con il suo armamentario di sintetizzatori Moog e tastiere monofoniche vuole affermare il nuovo corso della musica elettronica del one man band che può sopperire ad una orchestra intera, Montgomery attore di belle speranze timido e contenuto per via della propria omosessualità che riesce però ad accantonare queste limitazioni caratteriali quando recita e poi Ralph con il suo istrionismo incontrollabile troppo singolare per identificarlo in una categoria precisa se non quella del comico solitario tendente alle improvvisazioni senza restrizioni su argomenti taglienti come il cancro, la droga, il razzismo ritenuti politicamente scorretti per altri 10 anni almeno, dall’altro lato ci sono gli insegnanti selettivi e attenti come il maestro di musica Shorofsky che ha i piedi ben saldi sul carrozzone dell’indirizzo classico in contrasto immediato con Bruno e le sue idee innovative perfino nell’impugnare l’archetto, Mr Farrell alle prese con aspiranti attori di ogni estrazione e l’insegnante di lettere Mrs Sherwood alle prese con l’analfabetismo quasi totale di Leroy con il quale però instaurerà un legame affettuoso molto particolare seppur segnato dalle esplosioni umorali del pittoresco ballerino che non riesce a trovare il giusto equilibrio fra le materie prettamente didattiche e quelle artistiche.

L’ambiente scolastico è il crogiuolo delle aspiranti star del film nel film contrapposto perfettamente ai retroscena conditi di bocconi amari quotidiani che i protagonisti sono costretti ad ingoiare senza poter fingere un ruolo e già in queste sequenze ce ne sono moltissime interessanti per differenti motivazioni come quella in cui Hilary, la ballerina classica di buona famiglia, sembra confessarsi alla telecamera ma in realtà il suo lacrimogeno ritratto è la constatazione di una gravidanza che può stroncare sul nascere i sogni di gloria, la testimonianza di un fenomeno di costume come il "Rocky Horror Picture Show" con Ralph e Doris che partecipano attivamente allo spettacolo recitando le battute insieme a tutti i fans intorno a loro, una usanza mai tramontata alle proiezioni di quel musical epocale inserito all’interno di questo musical altrettanto epocale nel quale però a differenza del capolavoro di Richard O’Brien si cerca di narrare la strada che porta alla composizione di un cast perfetto che faccia funzionare quel tipo di show, non a caso Doris sale sul palco a ballare il Time Warp spinta dalla musica travolgente e allora “Fame” non può essere nella lista dei grandi musical insieme al RHPS senza dei numeri musicali altrettanto memorabili.

I pezzi più famosi sono quelli cantati da Irene Cara, la sua magica voce nel brano omonimo è il valore aggiunto che lo ha fatto passare alla storia con i ragazzi dell’istituto che si scatenano per la strada bloccando il traffico mentre è una vera espressione di talento l’esecuzione al piano in teatro del classico “On my own” di Nikka Costa, il vero capolavoro è però l’esecuzione di “Hot Lunch” perché secondo me esprime il concetto geniale che è alla base della realizzazione di “Fame” cioè catturare le pulsioni della creatività mostrando l’esito finale sotto forma di prova: in questa sequenza c’è uno spirito di aggregazione travolgente che pervade tutti gli allievi durante la pausa pranzo sulla scintilla scoccata da una frase di piano eseguita da Bruno al quale si aggiungono i percussionisti, poi la voce di Cocò, i ballerini per la coreografia in un crescendo dilagante e anche qui Parker non si discosta da un montaggio quasi casuale e un po’ confusionario proprio perché non vuole dare l’impressione di un prodotto finito ma di qualcosa di improvvisato anche a livello filmico tanto che l’occhio più attento lo avverte ma allo stesso tempo lo accetta comodamente.

Gli altri due brani da citare assolutamente sono “Is it ok if I call you mine? e “I sing the body electric”, diametralmente opposti poiché il primo è un’ esecuzione molto intimista di Montgomery accompagnato dalla sola chitarra acustica con il quale esprime benissimo la sua indole sofferente, il secondo è una ballata romantica in forma di saggio conclusivo al corso quadriennale al quale partecipano più o meno tutti.

Il film è strutturato in tre grandi blocchi: l’audizione generale all’inizio, i quattro anni di corso e l’avventura dei ragazzi nel mondo dello spettacolo, la dura gavetta ai quali devono abituarsi ancor prima del diploma ed è forse proprio qui che la struttura d’insieme mostra le sue pecche maggiori, si ha come la sensazione che i realizzatori abbiano dovuto comprimere tantissimo la storia nell’arco di poco più di due ore sacrificando la continuità narrativa di qualche personaggio, ad esempio Leroy che con le sue treccine è l’immagine più famosa del film è secondo me quello che subisce di più l’esigenza di racchiudere in pochissimo tempo una storia che si sviluppa in quattro lunghi anni, ciò che invece funziona a meraviglia è l’illusione della finzione e viceversa che lo script sviluppa in molte situazioni: in apertura Montgomery sembra parlare allo psicologo mentre sta recitando, al contrario è proprio lui ad assistere Ralph e Doris durante le prove ma impiega qualche secondo a capire che il loro bacio è in anticipo sul copione perché spontaneo e non recitato, sono verissime invece le lacrime di Cocò costretta a denudarsi davanti alla telecamera di un novello Godard imparando fin da subito la dura legge dello spettacolo e della fama per la quale tutto si fa pur sapendo che forse mai arriverà, per essere precisi come detto da uno degli insegnati gli attori che se la godono o quanto meno vivono più che dignitosamente in America sono circa 500, gli altri sopravvivono e per verificare tale affermazione non dovete documentarvi tanto ma basta semplicemente informarsi sulle carriere di questi giovani protagonisti che rimarranno sostanzialmente ancorati al successo di questo film senza andare troppo lontano.

Barry Miller nel ruolo di Ralph è per me l’attore più dotato, basta confrontare la sua verve in questo film con il personaggio triste e complessato di “La febbre del sabato sera” per apprezzare le sue doti ma oltre a comparire in “Peggy Sue si è sposata” non parteciperà ad altri film di rilievo, Irene Cara otterrà invece un doveroso Oscar per la sua performance in “What a feeling” dal film “Flashdance” e poi scomparirà dalle scene mentre Gene Anthony Ray rimarrà legato per sempre al ruolo di Leroy interpretandolo anche nell'omonima serie televisiva di grande successo negli anni ottanta che però come tutte le serie non durano in eterno, Ray è morto neanche quarantunenne dopo aver contratto il virus HIV ma rimarrà comunque una delle icone di quella generazione di talenti con le sue inconfondibili treccine e quell’ondeggiare i fianchi e il fondoschiena in maniera sexy.

La colonna sonora

Una colonna sonora imperdibile che acquisterò al più presto, un sound che si porta dietro lo stile degli anni settanta ma ha già qualcosa di nuovo proiettato negli anni ottanta.

Cosa cambierei

Avrei fatto durare il film almeno tre ore per approfondire le tante storie che si intrecciano.

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