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La sedia della felicità

Regia di Carlo Mazzacurati vedi scheda film

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La recensione su La sedia della felicità

di mm40
5 stelle

Un'estetista viene a sapere da una cliente che quest'ultima custodisce un tesoro nell'imbottitura di una sedia della sua villa. La donna muore e l'estetista si reca furtivamente nell'abitazione alla ricerca del bottino: ma le sedie sono state pignorate e vendute all'asta. Aiutata da un tatuatore che lavora di fianco al suo negozio, la ragazza parte alla ricerca delle sedie.

 

Pregi e difetti, enormi entrambi, nella scrittura di questo film: la sceneggiatura firmata dal regista, da Doriana Leondeff e da Marco Pettenello è infatti un congegno infallibile che provoca a più riprese tutte le sfumature della risata, dal sorrisino a denti stretti alla risata aperta, di pancia; in ciò, naturalmente, vanno ravvisati anche chiari meriti del regista e degli interpreti. Ma c'è allo stesso tempo un grave limite nella storia, peraltro neppure dichiarato nei titoli del film, e cioè che si tratta di una trasposizione 'mazzacuratizzata' (cioè adattata ai giorni nostri, nell'entroterra venero) del romanzo russo di inizio Novecento Le dodici sedie (autori Ilja Arnoldovic Ilf e Eugenij Petrovic Petrov); non bisogna però essere esperti di letteratura russa per conoscere almeno una delle due versioni cinematografiche - entrambe di successo - finora realizzate, e cioè Una su 13 (Luciano Lucignani e Nicolas Gessner, 1969) e Il mistero delle dodici sedie (Mel Brooks, 1970). Inevitabilmente La sedia della felicità emana odore di stantio fin da subito, nonostante appunto l'ottima stesura del copione e le scelte azzeccatissime di casting; se Valerio Mastandrea, Isabella Ragonese e Giuseppe Battiston occupano degnamente i tre ruoli centrali, non vanno però dimenticati i numerosi attori che partecipano in ruoli minori, o addirittura con un cameo: Raul Cremona, Antonio Albanese, Roberto Citran, Marco Marzocca, Silvio Orlando, Fabrizio Bentivoglio, Milena Vukotic, Katia Ricciarelli e Natalino Balasso. Nonostante il precario stato di salute, Carlo Mazzacurati (scomparso poco dopo l'uscita del film) ha portato a termine un lavoro del tutto compiuto, personalissimo (come detto, il suo marchio sulla pellicola si intende a perfezione) e ben lontano dal rappresentare il capitolo conclusivo di un'opera che avrebbe certamente meritato ulteriori sviluppi, specie di questi tempi di estrema crisi per il cinema nostrano. Purtroppo invece La sedia della felicità chiude la filmografia del regista: e non si può non apprezzare il fatto che sia una chiusura in forma di commedia dolceamara, sentimentale soltanto in sottofondo, ma saldamente ancorata a un onestissimo lieto fine. 5,5/10.

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