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Arrivano i Gatti

Regia di Carlo Vanzina vedi scheda film

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La recensione su Arrivano i Gatti

di maso
8 stelle

Tutti esordienti o quasi in questa pellicola comico demenziale che fonda le sue radici nel più puro spirito ebraico newyorkese, in essa si narra in maniera finto autobiografica lo sfondamento delle barriere del successo del quartetto di Verona a mia modesta opinione omogeneo e divertente, fautore di una comicità non volgare ed anche musicale visto che Smaila è un pianista mentre Oppini e Calà chitarristi, Nini Salerno invece si è specializzato sia prima che dopo lo scioglimento del gruppo nella stesura dei testi, sta di fatto che "I gatti di vicolo miracoli" in un quinquennio che va dal 1977 fino al 1981 hanno fatto divertire gli italiani passando dai palcoscenici del cabaret al piccolo schermo nella trasmissione "Non stop", nella hit parade con diversi successi due dei quali inclusi nella colonna sonora di "Arrivano i gatti" molto diversi tra loro perchè "Verona beat" apre il film con il suo umore maliconico e nostalgico di ballata mentre "Disco Gatto" ha una sonorità dance demenziale molto vicina al sound degli "Elio e le storie" che credo al tempo non fossero neanche adolescenti.
Il film in se è tecnicamente scarso ma denota una regia divertente quando non scolastica (il controcampo di Umberto che bacia la sua ragazza con i ragazzi al bar che tirano fuori i violini in concomitanza della musica suonata) e la storia, alcune battute insieme con la prova dei gatti lo rendono sgranocchiabile come un Ciocorì, in più è pieno zeppo di riferimenti a film di successo che è un piacere citarli: 2001 Odissea nello sfarzo, i guerrieri della notte in giro di giorno, Nini vestito come Warren Beatty in "Il paradiso può attendere", lo svedese che porta Umberto a vedere il posto delle fragole, i sette samurai k'ann volut pagà i cont a tutt'i cost, parola di Abatantuono, altro esordiente.
La trama è semplicissima, un veicolo per infilare le gags dei Gatti che partono da Verona alla volta di Roma per raccogliere l'invito giunto dalla Telecineramek, una tv locale che si rivelerà essere due telecamere e cucina, dopo una girandola di disavventure tragicomiche fra comparsate in produzioni softcore finite male, tentati suicidi di Franco Oppini, puzzette nella villa del dottor Bonivento i quattro ragazzi di Verona troveranno il successo in un supermercato sulla Cassia. 
Due annotazioni finali: la battuta migliore è senza ombra di dubbio quella di Nini Salerno che da dello slanciato a Bruno Lauzi e la presenza inquietante di Fabrizio Bracconieri che si scaccola in un primo pianissimo e udite udite un effetto speciale di alta scuola fa spuntare il dito da un orecchio.

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