Regia di Carlo Verdone vedi scheda film
Tre storie di solitudine in una Roma deserta per le ferie d'agosto (oltre che per evidenti carenze di budget...). Alla fine il senso della pellicola è riassumibile tutto nell'episodio di Enzo: un burino che si atteggia a gran fico con racconti assurdi, per nascondere il fatto di vivere una vita squallida ed anonima. Le altre due linee narrative sono più che altro uno sfoggio dei personaggi che costituivano i cavalli di battaglia degli spettacoli di Verdone, prove generali per i successivi film. L'unica parte che strappa qualche genuina risata è quella di Ruggero, sia per la presenza inossidabile di Mario Brega che per il trio di caratteri giudicanti chiamati a dire la propria (il prete new age, il professore conservatore, il cugino precisino), mentre quella di Leo e Marisol è decisamente superflua e già da ragazzino mi faceva sbadigliare. Come opera prima non è malvagia, ma a rivederlo oggi pare più che altro una raccolta di sketch, che vanno a segno, volendo essere generoso, nella metà dei casi.
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