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La trattativa

Regia di Sabina Guzzanti vedi scheda film

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La recensione su La trattativa

di giancarlo visitilli
8 stelle

In questi giorni convulsi per il Paese, in cui i capi di mafia vogliono sentire, con i loro orecchi, e magari guardare in faccia i depositari di certe o presunte verità, a sette anni da Le ragioni dell’aragosta, torna una delle documentariste conosciuta e apprezzata nel mondo, Sabina Guzzanti, con un film che parla dell’Italia di ieri e di domani, presentato Fuori Concorso all’ultimo Festival di Venezia.

La trattativa ha il grande merito di porre soprattutto dubbi e nello stesso tempo fare chiarezza su cosa si intende quando si parla di trattativa, delle concessioni dello Stato alla mafia, in cambio della cessazione delle stragi. Pone dei grandi interrogativi, rispetto alle morti di Falcone e Borsellino. Cerca di creare un varco per trovare una possibile strada che conduca a quella stretta intesa mafia e chiesa, mafia e forze dell’ordine.

Già il logo presente nel poster del film dice tutto. Ma la Guzzanti, questa volta, innanzitutto riesce meglio nella realizzazione di un film, ch’é un ibrido, perché la simbiosi fra finzione e realtà, presente ne La trattativa tiene lo spettatore incollato alla poltrona. Sebbene si vorrebbe scappare, ascoltando certe dure e accertate verità, queste niente affatto di finzione, raccontate da pentiti, con tanto di volto coperto, dinanzi alla camera, che ammettono di come, per esempio, “Cosa Nostra avrebbe avuto imbarazzo” ad arruolare direttamente uomini come Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri nelle loro “cose”, anche a causa del Bunga Bunga. Anzi, il ballo amato dal Presidente risulta il male minore, rispetto al racconto della Guzzanti e dei pentiti di mafia: “In Cosa Nostra c’é bisogno di molta serietà”. Per cui, la trattativa, per mezzo di un uomo che di politico, sin dall’inizio ha ben poco, vedono il condannato Marcello Dell’Utri come il promotore di un organismo politico-mafioso-partitico, atto a realizzare l’Italia, dal 1994 ad oggi…

La Guzzanti non accusa soltanto, questa volta. Non va alla ricerca, come è accaduto per gli altri suoi lavori, semplicemente del male oscuro. Rilegge la storia italiana, attingendo alle fonti reali e a quelle che conservano ancora i misteri di tanta parte di uomini e donne che combattono la buona battaglia della Legalità. E’ un film potente per la capacità di mostrare in modo abbastanza razionale e lineare la nascita, il cammino e la prosecuzione di una cultura che vede arruolati, fra gli attori reali delle vicende, ancora oggi, Presidenti della Repubblica, senatori, magistrati e forze di Polizia e Carabinieri. In questa trattativa, di cui tutti sanno, e in pochissimi son disposti a debellare, ci sono i volti, le parole rassicuranti, le lacrime, ma anche i sorrisi di tanti uomini e donne, come la stessa Guzzanti é disposta ad ammettere alla fine del film, che “qualcosa cambierà”. Non fosse altro per quello che resta ancora della testimonianza, fra le tante di cui si parla nel film, come quella di don Pino Puglisi, che “dopo essere stato sparato alla nuca – racconta il suo assassino – in terra, mi guardava e rideva”. Il lascito, e quel che resta dell’unica trattativa a cui si dovrebbe aderire. A prescindere.

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