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Lost River

Regia di Ryan Gosling vedi scheda film

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La recensione su Lost River

di PrivateJoker84
4 stelle

Parte bene Lost River, surreale esordio di Ryan Gosling alla regia ambientato in uno di quei fascinosi lost places nascosti nel cuore della civiltà. La fotografia di Benoît Debie (Spring Breakers, Irréversible) e una pattuglia di addetti agli effetti speciali e alle scenografie fanno di sicuro il loro lavoro nel costruire quello che in fondo è un film che si gioca pesantemente sulle atmosfere. Quando però, verso metà film ci si accorge che, oltre al gioco citazionistico teso a ricostruire palette baviane (come già visto in L'etrange couleur des larmes de ton corps) e atmosfere lynchane vi è poco e punto plot, se non il necessario per tenere in piedi gli ennesimi richiami tematici alla perdita di radici, distruzione dei legami familiari, perdita di senso e alienazione causati dalle solite banche-crisi-turbocapitalismo (ironicamente, il simbolo scelto per fustigare l'adagio del greed is good è la dislocazione di una intera cittadina a causa della costruzione di una delle tante dighe spuntate all'apice dell'interventismo statale americano durante il New deal...), il gioco smette di essere divertente e si vira verso la noia. Gosling, qui anche alla sceneggiatura, ha tentato di gettarsi in un prodotto dal respiro artistico, forse dimenticandosi che per elevarsi oltre il cinema classico occorrerebbe prima capirne i punti di forza - magari tramite un periodo di gavetta anche dietro la macchina da presa. Violare le convenzioni senza un vero motivo, solo per il gusto di dissociarsi ex-ante da una certa idea di mainstream, rischia di produrre un meccanismo che gira a vuoto (basti notare i frequenti scavalcamenti di campo messi qua e là senza gran criterio, se non quello di dare un tono pretenziosamente artsy al tutto; l'utilizzo quasi ossessivo di focali corte, senza che siano inserite in un qualche pattern riconoscibile o significativo; o, dal punto di vista formale, come all'idea, ricalcata sui classici del cinema d'arte, di non dare alcuno spessore, tratti distintivi o obiettivi, ai personaggi non faccia sponda qualche altro congegno per tenere in piedi l'insieme, à la Antonioni, ad esempio). Insomma, mentre lo spettacolo visivo risulta in definitiva gratificante, rimane altresì l'unico elemento che finisce per tenere appena a galla un film altrimenti destinato ad affondare.

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