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Rocky IV

Regia di Sylvester Stallone vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Rocky IV

di Eric Draven
4 stelle

James Brown, Carl Weathers, Dolph Lundgren

Rocky IV (1985): James Brown, Carl Weathers, Dolph Lundgren

 

Ebbene, eccoci qua con un altro racconto di Cinema. Vi stupirà, lo so, l’intestazione di questa recensione. Perché mai recensire un film in maniera unanime considerato dalla Critica una pellicola volgarmente narcisistica? Perché il Cinema è anche questo, non solo i capolavori indiscussi, e mi soffermerei personalmente su vari livelli di lettura insospettabili.

Ora, partiamo innanzitutto da Sylvester Stallone. Non siamo bugiardi. Chi di noi non l’ha amato soprattutto nell’infanzia perché modello inarrivabile dell’uomo comune che risorge dalle sue ceneri e dal nulla si fa da solo, vincendo i pregiudizi sulla sua limitatezza e battagliando con un destino spesso complicato e doloroso? Il proletario, l’uomo del popolo che, perlomeno, conquista la meta agognata dei suoi desideri. E questa tipologia d’uomo è certamente incarnata nella sua creatura più riuscita, Rocky Balboa, un “fallito”, un underdog, un riscuotitore di debiti che tira a campare fra incontri clandestini e che rinasce trovando l’amore della sua vita ma soprattutto ottenendo la straordinaria possibilità di sfidare per il titolo mondiale dei pesi massimi il campione assoluto in carica, il mitico Apollo Creed. Perderà ai punti, ma come uomo vincerà... la storia la conoscete tutti e m’imbarazza dover sottolineare che il suo Rocky, visto l’incredibile successo e gli Oscar vinti, inaugurerà una saga storica che, piaccia o meno, è entrata sin da subito nell’immaginario collettivo, definendo quasi un genere e un’epoca.

Il successo del primo Rocky, inevitabilmente, induce Stallone stesso e i produttori a girare dei seguiti. Il primo e il secondo vengono diretti dallo stesso Sly e, se non trascendentali e perfetti come il capostipite, si possono dire tutto sommato riusciti, almeno a livello emozionale, tralasciando la ripetitività delle trame e gli inesorabili, quasi patetici lieti fini. Al che, avviene per molti cinefili e non solo, l’irreparabile. Perché, esaltato dagli incassi e dalla sua  stessa Stallone-mania, Sylvester gira il quarto capitolo, appunto considerato il film più brutto della serie. Ma era comprensibile che si arrivasse al parossismo del personaggio. Trama scarna, quasi inesistente, snodi narrativi banalissimi e mediocrità imbarazzante secondo prevedibilissimo “copione”, eh eh, insomma... ribadiamolp, per chi non l’avesse visto o per chi non è dotato di buona memoria. Un gigantesco atleta russo, che risponde al nome tonitruante di Ivan Drago, uccide Apollo Creed in un’esibizione pugilistica, dunque Rocky, arrabbiato come non mai, si vendicherà “sportivamente”, battendolo in sua terra natia, la temibile Ex Unione Sovietica, sotto gli occhi addirittura di Gorbaciov in persona o, meglio, il suo “fac-simile”.

Il primo livello di lettura è cinematograficamente il più semplice. Per chi mastica l’ABC della Settima Arte (e questo film credo non si possa annoverare in questa nomea pregiata), è un film stupido a livelli infimi. Come disse qualcuno, un rito mercantile dell’istintività di massa, un pretesto per il titanismo più sciocco, in ciò la sua volgarità, lo sfoggio trionfalistico di due macchine da guerra, un’iperbole dal cattivo gusto. Inutile aggiungere altro.

Insomma, per chi abbia superato le ingenuità manichee dei film buono vs cattivo che non danno niente a livello prettamente cinematografico, un film inguardabile.

Però è piaciuto un sacco. Scopriamo, o tentiamo di scoprire, perché. Prima di tutto, naturalmente, perché come detto, più che un film, è un monumento alla fisicità stratosferica di Stallone che era all’apice del suo divismo e della sua ipertrofica, magnifica forza muscolare. Quindi, da questo punto di vista, è un totem intoccabile per i suoi fan. Stallone alla fine stravince e fa un discorso anche ecumenico con tanto di scroscianti, commossi applausi. Poi, nonostante il tema della vendetta, è infatti una sorta di revenge movie, è un’esplosione di retorica, buoni sentimenti ed elogio di Davide contro Golia. E questo allieta sempre i palati del grande pubblico.

Ma non va disprezzato. È infatti, a livello oserei dire politico, al di là dei machismi esaspera(n)ti, sbandierati ai quattro venti, anzi, a bandiera stelle e strisce, un film addirittura importante. Perché è l’esemplificazione dell’edonismo reaganiano e, assieme a Top Gun il ritratto esemplare dei confusi anni ottanta in cui imperava la Guerra Fredda. Non per niente, visti come venivano dipinti i russi, cattivissimi e idioti, in Russia ne fu proibita la visione per molto tempo.

E, comunque, se si abbandonano con sfacciataggine le ambizioni da critici sussiegosi e da spettatori esigenti, è un film che intrattiene come non mai. Tutti sappiamo come andrà a finire, ma non vediamo l’ora di ammirare due corpi perfetti che se le danno di santa ragione, spaccandosi carne e ossa, con tanto di mascelle slogate, sangue a fiotti e costole rotte, massacrate.

Insomma, se lo si prende per un film che possa “divertirci”, è decisamente accettabile e alla fin fine godibile.

Ma noi rimaniamo dell’idea che il primo, ovvio, sia insuperabile, di un altro livello e che Stallone abbia firmato un grande, nostalgico film anche col suo Rocky Balboa del 2006, prima di Creed e spin-off vari.

A proposito... Drago tornerà e sarà ancora vendetta, parola di Stallone!

 

 

di Stefano Falotico

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