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Maps to the Stars

Regia di David Cronenberg vedi scheda film

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La recensione su Maps to the Stars

di Baliverna
6 stelle

I traumi e i crimini del passato tornano a galla, ma non per essere riparati e risanati.

Cronenberg come regista non ha certo perso lo smalto, perché la sua regia è pulita e rigorosa; non lo stesso, però, si può dire dei contenuti. I suoi capolavori profetici, come "Videodrome" e "Existenz", era stato lui stesso a scriverli, e quindi a fornire del materiale molto interessante sul quale non si smette di riflettere. Da un certo punto, tuttavia, il regista sembra aver esaurito quello che aveva da dire, e ha iniziato a dirigere dei buoni film affidandosi però ad altri. Ad esempio a John Wagner, che ha scritto "A history of violence", o a Bruce Wagner (parenti?) per questo. In essi si respira comunque la stessa aria di male assoluto e di disperazione. Oltre che ad una cruda violenza.
Detto questo, è superfluo precisare che il titolo "Maps to the stars", è sarcastico, cioè allude al contrario di quello che rappresenta. Il mondo delle star di Hollywood è fatto di arrivismo e competizione nella vita pubblica, e di nevrosi e di traumi familiari in quella privata. Insomma è un mondo infernale, dorato e disperato, bellissimo esternamente ma marcio dentro. La trama ci offre una concentrazione forse esagerata di perversioni sessuali, traumi nascosti nel passato, sensi di colpa rimossi che quindi producono allucinazioni, e su tutto l'incesto in tutte le declinazioni. Le allucinazioni sono un elemento ricorrente in Cronenberg, solo che qui vengono rappresentate senza effetti speciali, e sono in realtà dei ruggiti di una coscienza sporca che ci si affanna a seppellire e a falsificare.
Colpisce poi il cinismo che regna nel mondo di Hollywood, dove ci si rallegra di una orribile disgrazia (la morte del bambino) se questa permetterà di avere l'agognata parte nel film. Lo stesso vale per l'allontanamento della ragazza dalla famiglia, prima e adesso. Lo spettro che si teme - specie il padre (un "antipatico" John Cusack) - è il danno alla propria immagine, e quindi al successo. Pur di preservare l'immagine non si indietreggia davanti a nessuna violenza o cattiveria. Il violentissimo omicidio del finale sembra essere la diretta conseguenza di violenze e torti perpetrati per anni, con la classica ciliegina o miccia che alla fine scatena la furia. E' molto negativa anche il personaggio del ragazzino, viziato e sprezzante, che tiene tutti a bacchetta con il ricatto dei quattrini che fa loro guadagnare.
Non mancano i momenti sgradevoli, ma forse è tutto il film ad esserlo, probabilmente per l'insistenza sul tema dell'incesto dall'inizio alla fine. Sicuramente però si poteva risparmiarci Julianne Moore che scorreggia seduta sul cesso - scena peraltro inutile - e il già citato omicidio.
In generale, è un film che tiene desto l'interesse, ma che ci lascia con una spiacevole sensazione, e la domanda se proprio era necessario parlare di questo. Ha senonaltro il merito di rendere esplicito fin dall'inizio che finirà molto male.

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