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Maps to the Stars

Regia di David Cronenberg vedi scheda film

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M Valdemar

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La recensione su Maps to the Stars

di M Valdemar
9 stelle

 

locandina

Maps to the Stars (2014): locandina





Su la cenere di stelle.

Cronenberg scrive il suo nome nel morituro firmamento hollywoodiano - sfavillante simbolo dell'opulente perpetua illusione tipica dei nostri tempi e dei nostri luoghi - smascherando la mistificazione del Sogno.
Dietro - e sotto, sopra, dentro, ovunque - l'Incubo.
C'è gente che muore, c'è gente che vede la gente morta senza avere nessun (sesto) senso che non sia quello di colpa, la testimonianza - tangibile schizzata per la tangente - della ricerca ossessiva di fare ammenda. Che esseri banali, piccoli, inesistenti. Un universo-limbo lastricato di malevole intenzioni, varco sospeso tra corpi-mondi che non si toccano né si conoscono ma copulano furiosamente e incestuosamente in attesa delle fiamme dell'inferno (che è "un mondo senza narcotici"). Ed ove apparizioni fantasmatiche sono, al contempo, voce della coscienza, sussurro infido di morte ("fatti una vita, oppure, fatti una morte"), colore del candore insozzato del rosso vermiglio del sangue, esperienza percettibile e (re)t(r)attile, manifestazione angelica, maschera(ta) grottesca e crudele e vendicativa.

I vivi - per così dire - hanno la consistenza putrida di zombie a cui hanno "spento la fiamma pilota" della - parvenza di - esistenza. Fluttuanti tra sconvolgenti vuoti cosmici (colmi di segreti inconfessabili, atti violenti che deflagrano nell'indicibile, progressiva perdita di sé) e ridondanti manifestazioni circensi che celebrano l'(auto)esaltazione di una magia che non c'è, i personaggi sono m(is)ere pedine (quanto consapevoli?) di una torbidissima recita a soggetto.
Laddove il soggetto - e non inganni l'ispirata divertita cifra satirica-beffarda che contiene elementi tutto sommato not(or)i (battute fulminanti, tra le queli quella su Scientology che aprirebbe le porte della carriera, i party, i festini, i capricci, il sottobosco dello showbiz e così via) - è un'istantanea incendiaria di una (della?) Fine ("sta finendo tutto"). Una storia fortemente assurda (come assurda può essere solo una tragedia improvvisa incomprensibile che s'imprime a fuoco nelle cellule infette) e inquietante, per certi versi fiabesca - nella sua accezione più tetra -, popolata di uomini neri nerovestiti malvagi sin nelle nere marcescenti ossa, di nani giullari dalla torva fissità, di streghe impazzite, di donne sfigurate (nell'intimo ancor prima che nell'aspetto), di autisti-traghettatori per il baratro, di vittime e carnefici.
Bando alle banali ciance (psuedo)analitiche sulle presunte critiche allo star system: quello di David Cronenberg, partito dallo script programmatico di Bruce Wagner, è un canto funebre di disperazioni e solitudini, della ciclicità naturale sommersa dalle acque rubate delle (eterna) rappresentazione. Canto solenne, provocatorio, frammentario, costituito da momenti sgradevoli e passaggi enigmatici, musicato e ritmato in toni sottilmente angosciosi, sottopelle (morta).

Canto di rituali compulsivi capace di trasfigurare i nobili versi della Liberté di Paul Éluard ("Su ogni carne consentita / Sulla fronte dei miei amici / Su ogni mano che si tende / Io scrivo il tuo nome ... Sull'assenza che non desidera / Sulla nuda solitudine / Sui sentieri della morte / Io scrivo il tuo nome ... E per la forza di una parola / Io ricomincio la mia vita / Sono nato per conoscerti / Per nominarti / Libertà.") in un mantra sudicio e immorale delle Ossessioni.


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