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Rocky

Regia di John G. Avildsen vedi scheda film

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La recensione su Rocky

di Antisistema
7 stelle

“Non mi importa vincere. Non mi frega niente neanche se mi ammazza di botte.Quello che davvero mi importa è se quando suona l’ultimo gong dell’ultima ripresa io sarò ancora in piedi. Ecco allora per la prima volta in vita mia saprò di non essere solo un bullo di periferia” (un monologo che ogni attore vorrebbe pronunciare una volta in vita sua... più o meno).

 

Nonostante gli anni 70' siano etichettati come cinici, crudi e realistici, comunque in ambito cinematografico sono stati un decennio di piccoli progetti in cui nessuno credeva, dove i registi hanno dovuto lottare per convincere i produttori, i quali convinti alla fine davano il via libera, ma con budget bassi concedendo però carta bianca, con dei risultati che ripagavano le sofferenze di chi aveva creduto in tale progetto contro ogni pronostico. 

La storia di Rocky (1976), non riguarda solo la parabila favolistica dei personaggi del film, ma prima di tutto del suo attore protagonista, che erano mesi che girava con questa sceneggiatura scritta di getto in una manciata di giorni e che se gli andava bene, qualche studio si offriva di comprarla per farla interpretare ad altri. 

Sylverster Stallone non molla nonostante le molte porte in faccia e alla fine trova uno studio interessato, che gli affida un budget ridicolo (appena un milione) e impone come regista John G. Avildsen (Stallone avrebbe voluto dirigerlo lui), ma l'attore ottiene comunque la possibilità di poter interpretare il personaggio principale e carta bianca nel poter sviluppare il film, che probabilmente in quel momento era la cosa a cui teneva di più. 

 

Rocky è un film che vive pienamente gli anni 70', mettendo in scena degli emarginati, sfruttati e umili in primo piano, a cominciare dal suo protagonista che lavora per conto di un mafioso locale e di tanto in tanto partecipa ad incontri di pugilato; un essere insignificante di mezza tacca ma dal buon cuore, innamoratasi della commessa di un negozio di animali, Adriana (Talia Shire), una donna di certo non attraente (e vogliamo essere neutrali) e dalle qualità insignificanti, eppure Rocky ci vede qualcosa che noi spettatori non vediamo. 

A completare il cast di contorno, abbiamo il fratello di Adriana, Paulie (Burt Young), un essere meschino ed ignorante, totalmente negativo e che si arrabbatta campando alla giornata, mentre l'altra figura cardine è l'allenatore Mickey (Burgess Meredith). Sono tutti individui immersi nei loro drammi quotidiani, che riguardano in realtà tutti noi che facciamo parte del 90% della popolazione mondiale, cioè la lotta per la sopravvivenza, da cui cercano di uscire sfruttando in modo consapevole o meno il prossimo (vedere Paulie con la pubblicità dell'incontro di Rocky con Apollo).

La forza del film sta sicuramente nel suo essere un prodotto New Hollywoodiano, cosa che lo distinguerà da tutti i sequel; la Philadelphia in cui vive Rocky insieme ai suoi amici, è un posto degradato, grigio e sporco, fatto di case non appariscenti, ferrame arrugginito e dei binari sopraelevati, dove di tanto in tanto passa un treno, che il nostro protagonista può solo osservare da lontano senza mai afferrarlo, finendo con l'accentuare ancor di più il degrado in cui egli vive, scegliendo di avvalersi di soluzioni di Fordiana memoria (come la ripresa sulla porta d'ingresso della palestra di Mickey, con un'ombra lunghisima... in sostanza Sentieri Selvaggi, ma con la palestra).

 

L'occasione della vita e la chance a cui anela per dimostrare di poter valere (gli basta solo un incontro a suo dire), gli arriva dalla bizzarra scelta effettuata (senza nè capo e nè coda) da Apollo Creed, campione del mondo dei pesi massimi, decide di sfidare un pugile di discenza italiana per celebrare così la ricorrenza del bicentenario della nascita degli Stati Uniti. 

Trovatasi improvvisamente sotto i riflettori, Stallone (autore anche della sceneggitura), compie una cosa intelligente, decide di volare basso ed essere "umile" (una volta tanto in vita sua); Rocky non si lascia prendere dal successo e nè dalla notorietà improvvisamente acquistita, anzi, ad un certo punto è anche conscio che lui e Apollo Creed sono su due piani di realtà totalmente differenti e che forse alla fine nello scontro sarà solo mera carne da macello. 

L'aiuto dell'allenatore Mickey sarà fondamentale per poter arrivare fisicamente ed atleticamente preparato all'incontro con il campione del mondo dei pesi massimo. Avildsen non è un grande regista, però con Rocky becca il film della vita; sceglie una messa in scena spartana, grezza e povera (cosa che gli causerà accuse negative da parte della critica), nell'accenturare il distacco tra il mondo di Rocky e quello di Apollo, ma la differenza tra i due non deriva solo dalle differenze economiche, ma anche di motivazioni. Apollo più che pensare all'incontro, è occupato sopratutto a gestire gli sponsor ed il marketing, mentre per Rocky questa svolta inaspettata è anche un modo per tirare fuori la rabbia ed il rancore represso dentro di lui. 

 

La sequenza più bella del film è senz'altro il confronto tra Rocky ed il suo allenatore, dove il primo gli rinfaccia con rabbia l'esserlo venuto a trovare a casa sua dopo anni solo perchè Mickey era interessato a trarre un proditto come manager da tutto questo; ma il nostro pugile ha anche l'umiltà di capire che senza di lui contro Apollo avrebbe avuto ben poche speranze, così Avildsen, con un campo lungo e una fotografia notturna semplicissima, inquadra Rocky ricorrere Mickey per strada, raggiungerlo e chiarisi con lui; noi non siamo partecipici di ciò che si sono detti ed è giusto così, poichè era una questione personale che doveva essere risolta tra loro. Di sicuro ciò per cui è divenuto famoso il film, sono le riprese degli incontri di pugilato; Avildsen si avvale dell'operatore Garrett Brown, inventore della steadycam, tecnica che consente di poter effetturare riprese in movimento e dare stabilità all'immagine, in sostanza, consente di poter fare a meno della macchina a mano o dei dolly nelle riprese dove vi sono ostacoli fisici. Il regista capisce subito le potenzialità del mezzo e ne fà un uso massiccio ed estensivo lungo tutto il film, riuscendo ad dare forza e potenza alle immagini, come la famosa sequenza di allenamento del protagonista (decisiva la musica di Bill Conti crea una soundtrack memorabile, dando vita ad un rudimentale training montage che riesce ad infondere carica ed immersione da parte dello spettatore alle sofferenze dell'allenamento di Rocky, senza però che il film diventi un videoclip musicale, come accadrà da Rocky III in poi ed in molti film successivi di Stallone negli anni 80', divenendo poi un suo marchio di fabbrica come "autore") e l'incontro tra Rocky e Creed, dove grazie alla steadycam, possiamo essere nel "quadrato" insieme ai due pugili, vedendo i loro corpi, martoriati e acciaccati dai colpi violenti dell'avversario. 

 

Anche in tempi di New Hollywood, qualche favola ha il suo lieto fine; nonsotante qualche critico importante contro (Canby e Sarris) ed altri a favore (specie verso l'interpretazione di Stallone, paragonato ad un giovane Marlon Brando), il film ebbe ben 10 nomination agli oscar ed un successo presso il pubblico planetario (ben 225 milioni) che permane tutt'oggi (e l'AFI l'ha messo al 57esimo posto tra i film i migliori 100 film della storia del cinema). 

Ben tre furono gli oscar vinti, tra l'altro molto importanti come il montaggio, la regia ed il film, riuscendo a sconfiggere capolavori come Quinto Potere e Taxi Driver e l'ottimo Tutti gli Uomini del Presidente, e l'anonimo Avildsen vide coronata la sua fiaba riuscendo a sconfiggere in regia Lumet e Bergman (le soddisfazioni della vita XD, chissà la faccia di Bergman). 

Nessuno dei nostri protagonisti riuscirà a confermare gli onori e la gloria avuti con tale film a cominciare a Stallone, che in certi frangenti aveva mostrato in tale film delle buone doti attoriali, come il monologo a cuore aperto verso Adriana dove mostra tutti i suoi dubbi ed incertezze verso la sfida contro il campione del mondo, per poi perdersi successivamente in pellicole action di infimo livello che lo faranno passare alla storia come uno degli attori più scarsi di sempre ad aver successo.

Nonostante certi revisionismi, Rocky resta un buon film, immeritato nella pioggia di premi e di posizioni in certe classifiche come quella dell'AFI, ma che ancora oggi si fà amare (e non è poco), dando il via ad una lunga saga che prosegue tutt'oggi, ma nessuno dei quali vale minimamente il capostipite del 1976. 

 

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