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Ippocrate

Regia di Thomas Lilti vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Ippocrate

di fratellicapone
8 stelle

Se la sanità italiana non se la passa troppo bene nemmeno quella francese sembra godere di buona salute. E’ un film tutto girato in un ospedale pubblico francese ma non è un film tipo i serial ospedalieri americani incentrati sulla malattia ma solo sui meccanismi interni dell’ospedale. Il personaggio principale è Benjamin un giovanissimo medico assunto come medico nell’ospedale di cui è primario il padre. L’altro personaggio è Abdel un giovane medico algerino che fa uno stage nell’ospedale. Sono due persone completamente diverse: Benjamin è il figlio del primario e, pur essendo un ragazzo semplice e comunque dedito al lavoro, avverte questa ombra del padre che protegge e un po’ opprime. Si inizia con l’ingresso di Benjamin nell’ospedale, quasi come il primo giorno di scuola, gente distratta, colleghi e infermieri tutti indaffarati e Benjamin inizia a svolgere il suo lavoro e già nel primo atto medico (un puntato spinale) dall’esecuzione incerta si rende conto della difficoltà della professione e della cognizione del dolore che può arrecare o alleviare ai pazienti. L’ospedale è sottoposto ad una serie di tagli di bilancio da un manager preso da Amazon ed è carente di attrezzature e cerca di liberarsi dei pazienti al più presto. L’evento che segna una svolta per Benjamin è la morte di un alcolizzato, ricoverato e di notte, mentre era di turno accusa un dolore addominale. Benjamin accorre e richiede un ECG ma la macchina è rotta da mesi e prescrive degli antidolorifici. Era un infarto e nella notte muore. Ovviamente Benjamin non ha colpa se ECG era guasto ma la responsabile del reparto chiede che lui segni in cartella che l’ECG è stato regolarmente eseguito ed era un tracciato normale. Il padre di Benjamin riceverà la moglie del morto e confermerà che il decesso è dipeso dai danni prodotti dall’alcool. L’altro episodio che segnerà l’esperienza ospedaliera di Benjamin e Abdel è il ricovero di una signora quasi novantenne operata di rottura del femore. La signora non si riprende ed è anche affetta da un tumore metastatizzato in fase terminale. Adbel non vorrebbe accanirsi con terapie per farla riprendere a camminare ma l’ospedale non vuole tenerla più del necessario, Alla fine la donna verrà intubata ed alimentata a forza e, di fronte, ad un arresto cardiaco verrà rianimata. Abdel insieme a Benjamin, che era di guardia, decidono, d’accordo con la famiglia che era presente, di cessare la rianimazione e la donna muore serenamente. Un gesto di pietà. Ovviamente la direzione dell’ospedale mette sotto accusa i medici e alla fine l’unico ad essere punito sarà Adbel la cui carriera di medico dovrà finire. Benjamin invece nessuna punizione! Questo provoca in Benjamin una profonda crisi esistenziale e di disprezzo verso il sistema e anche verso il padre. Andrà dalla vedova dell’alcolizzato morto a dirle la verità e torna in ospedale ubriaco gridando che quell’ospedale è una fabbrica di morte. Il film finsce con il personale che affronta la direzione chiedendo condizione di vita e di lavoro dignitose e che la punizione per Adbel venga ritirata. Benjamin che era finito sotto un auto, uscendo ubriaco dall’ospedale, rientra al lavoro in un altro ospedale e questa volta sembra contento e in grado di affrontare le situazioni. Un buon film che lascia a pensare sui rischi che si corrono quando andiamo in ospedale e sulle terapie che si ricevono o che non si ricevono non solo in funzione di esigenze terapeutiche ma anche per motivi di tagli, di distrazioni, di carenze. Morale: meglio morire di colpo, degli ospedali non c’è da fidarsi! Un ultimo commento sugli attori. Su tutti mi sembra il migliore Reta Kabeb, che ricordo anche di aver visto nel bellissimo Gare du Nord.

 

(film visto all’Institut Francais di Palermo, in edizione originale con sottotitoli che non ringrazio mai abbastanza per questa opportunità che offre)

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