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Robin Hood principe dei ladri

Regia di Kevin Reynolds vedi scheda film

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La recensione su Robin Hood principe dei ladri

di Eric Draven
7 stelle

Kevin Costner

Robin Hood principe dei ladri (1991): Kevin Costner

 

Non ve lo sareste mai aspettato, vero? E invece, con vostra somma sorpresa, devo confidarvi in tutta segretezza, qui esplicitata pubblicamente, eh eh, che Robin Hood - Principe dei ladri con Kevin Costner era uno dei miei film preferiti della primissima adolescenza. Rannicchiato nel mio secret garden, nelle notti cupide e maliarde della mia immaginazione, questo film imperava nelle mie fantasie. E lo riguardavo infinitamente, commuovendomi ogni volta sulle liriche cadenze musicali della splendida colonna sonora di Michael Kamen, una soundtrack estasiante.

Con buona pace dello storico Errol Flynn e del gagliardo ma troppo in carne Russell Crowe della versione di Ridley Scott, il Robin Hood di Costner è davvero fascinoso, una delle sue migliori prove recitative in assoluto ove, all’apice della sua bellezza dionisiaca, Kevin sfoderò una classe da vero gentiluomo romanticissimo, emanando carisma a pelle.

Sì, sono molti i detrattori di questo Robin Hood. E sappiamo che Costner, per via del fatto che all’epoca era indubbiamente molto fotogenico, suscitava invidiose cattiverie da parte dei critici più sussiegosi.

Sì, un attore che, scatenando ingordigia e possedendo sensualità da vendere, forgiata in una capigliatura leonina, in un fisico liscio, ben curato e in un sorriso tanto morbidamente seducente, indubbiamente provocava le peggiori malignità.

No, Robin Hood - Principe dei ladri è un bel film e Costner ci sta da Dio. Non voglio che recriminiate in merito. Diamo a Costner quel ch’è di Kevin. Eh eh.

A distanza di sei anni dal successo di Fandango, Costner e Kevin Reynolds ritornano a congiungere le forze, attingendo da un mito immortale della letteratura britannica, sì, ricreandolo e plasmandolo a loro inventiva, avventurosa, postcontemporanea visione. Terzomondista, pacifista, con la strappalacrime (Everything I Do) I Do It for You di Bryan Adams a far da traino nelle scene più sentimentalmente vigorose.

Sì, poi Costner e Reynolds avrebbero prodotto lo sconclusionato Rapa Nui e sarebbero affogati con Waterworld, ma Robin Hood - Principe dei ladri è il film che ogni adolescente dovrebbe vedere per credere nella magia incantatoria dei sogni puri.

Perché Robin Hood è in fondo un enorme sognatore. Uno che, dopo aver perso tutto, si schiera a favore dei deboli, della povera gente, combatte le iniquità e lotta contro i villani, il villain di turno e gli abietti soprusi, risorgendo in gloria, nello splendore dorato della sua epicità.

In particolar modo, il Robin Hood di Costner è un idealista, un cuore indomito e battagliero, un temerario dell’amore e dell’amicizia, valori supremi che lui che innalza a calice di speranza, in remissione dei peccati dei malvagi, è un eroe appunto principesco, dalle movenze feline ed eleganti, un rapace della notte, un cavallerizzo della bellezza.

 

Trama...

 

Durante la Terza crociata, Robin di Locksley (Costner) è prigioniero a Gerusalemme assieme al suo fido amico Peter Dubois (Liam Halligan) e ad Azeem (un grande Morgan Freeman). I tre, con uno stratagemma geniale, riescono ad evadere dal carcere ma Dubois, inseguito dalle guardie nemiche, viene mortalmente ferito. In punto di morte, implora Robin di prendersi cura di sua sorella Marian (Mary Elizabeth Mastrantonio). Robin ha salvato la vita di Azeem, ch’era condannato alla pena capitale, e così Azeem promette a Robin che d’ora in poi sarà il suo scudiero e braccio destro, finché non avrà estirpato il debito, proteggendolo e affiancandolo, seguendolo anche in capo al mondo.

Quattro mesi dopo, Robin torna nella sua terra natia, l’Inghilterra, in compagnia di Azeem. Ma ad attenderli vi è una bruttissima tragedia. Il padre di Robin è stato assassinato, con l’accusa di essere un satanista. Invero, ai suoi danni, è stato ordito un complotto, retto e organizzato dallo spregevole e perfido vescovo, per destituire il suo regno, e far salire al potere il tirannico Sceriffo George di Nottingham (Alan Rickman).

Adesso, Robin è un uomo smarrito, a cui non è rimasto niente. E il suo castello di famiglia è stato bruciato dai cattivi...

Al che, per sovvertire l’ordine di tali crudeli e barbarici oppressori, Robin si schiera col popolo, andando a vivere assieme ai diseredati nel bosco. E impara a conoscere davvero suo fratello, da lui sempre ripudiato (Christian Slater).

Da qui inizia la sua imperitura leggenda. Robin di Locksley adesso è diventato Robin Hood. Il ladro gentiluomo che ruba ai ricchi ed è lo sfarzoso capo di una rivoluzione atta a ripristinare l’innocenza perduta, a riaccendere il colore incandescente della poesia negli occhi degli umiliati e dei disillusi.

A ridar la vita e a far riscoccare la calorosa scintilla nelle anime opacizzate di chi, isterilito nel coraggio, pareva essersi arreso dinanzi a tanta cinica e massacrante villania. Titano vendicativo delle purezze estintesi e riesplose nella palpitante ribellione più liberamente grintosa e sognante.

Che film! Talvolta bambinesco nella caratterizzazione di alcuni personaggi, come nel caso della strega Mortianna (Geraldine McEwan) o del perdente, imbranato cugino dello sceriffo, Guy di Gisborne (Michael Wincott).

Ma è una favola e in ogni favola ci sono i giullari stupidi che fanno una fine meritatamente giusta.

Da citare, ovviamente, il cammeo di Sean Connery che, nei panni di Re Riccardo Cuor di Leone, dà l’assenso al matrimonio fra Robin e Lady Marian. E augura lunga e felice vita a tutti. Proprio lui, il malinconico protagonista di Robin e Marian.

 

Durata: due ore e ventitré minuti, fotografia di Douglas Milsome (Full Metal JacketL’ultimo dei Mohicani).

 

 

 

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