"Andrò ad Est per prendere moglie"
Il polveroso Ovest americano fu terra di uomini di poche parole, coriacei e avvezzi alla fatica. Attratti dalle opportunità dei nuovi territori, più o meno durante tutto il XIX secolo molti giovani accettarono la sfida della frontiera ancor prima di sapere quale fosse la realtà ad attenderli, una realtà non sempre ospitale e di duro lavoro, in condizioni ambientali tutt'altro che favorevoli. La tappa canonica del matrimonio, consorzio necessario alla sopravvivenza dei singoli individui e alla conservazione della specie, li spingeva a tornare temporaneamente ad Est in cerca di una ragazza da sposare, con la prospettiva di una nuova vita da costruire insieme nelle lande d'occidente.
Non tutte quelle donne dell'Est però, seppur disposte ad una vita spartana e di sacrifici, ressero l'impatto con la frontiera. Carestie, gelo invernale, epidemie di difterite e drammatico isolamento produssero nei soggetti più esposti un lento e costante logorio nervoso che in molti casi arrivò ad esplodere in gesti insani di violenza estroflessa o autolesionista.
"Il pavimento è fatto di polvere, non si può spolverare la polvere"
Parte da qui, da questa visione antiepica e cruda, ma anche appassionata e pietosa, il bel western umanista che Tommy Lee Jones firma come regista, sceneggiatore e coproduttore (insieme, tra gli altri sostenitori del progetto, a Luc Besson) nel 2014, riservandosi il ruolo di coprotagonista nei panni del veterano George Briggs, disincantato e navigato conoscitore di genti autoctone e sopraggiunte, nonché esperto di tattica dei percorsi invisibili che solcano le praterie. A lui chiederà aiuto Mary Bee Cuddy, una donna ancora nubile che, in assenza di uomini disponibili, si offre di riportare alle loro famiglie d'origine tre spose cadute in depressione a causa di continui stenti ed eventi luttuosi. Si tratta del viaggio in senso contrario a quello dei pionieri, da Ovest a Est, dal Nebraska all'Iowa per via del Missouri, un tragitto lungo e insicuro.
Ms Cuddy ha l'espressione seria e i lineamenti marcati di Hillary Swank, attrice che con questa pellicola colleziona un altro bel ruolo drammatico del quale si dimostra pienamente all'altezza. Originaria di New York, istruita e morigerata, Mary Bee si è adattata alla vita semplice del West imparando a sparare e a governare la terra e gli animali. Ma anche una donna molto forte può patire la solitudine. Dice molto del suo temperamento, orgoglioso e timorato di Dio ma anche molto concreto, il modo in cui avanza una proposta di matrimonio ad un bravuomo già troppo intimorito dalla sua risolutezza: avvezza a trattare con i lavoratori, la donna mette sul tavolo con onestà e trasparenza i vantaggi della possibile transazione e cioè la sua buona salute, l'età ancora fertile, la terra e gli animali di cui è in possesso, poiché si sa che in una terra difficile un matrimonio deve essere prima di tutto un buon affare, e l'amore nel migliore dei casi verrà col tempo oppure seguirà l'alternarsi della fortuna dei raccolti, un anno bene e un anno meno bene.
Mary Bee Cuddy e George Briggs si mettono in viaggio per ricondurre ad Est le tre donne uscite di senno e con loro il film dispiega le ali evitando accuratamente le trappole dell'illustrativo o del paesaggistico, giocando soluzioni di scrittura interessanti che rielaborano in modo convincente alcuni passaggi imprescindibili del western.
Uomini e donne verosimili e una misurata ricostruzione d'epoca, snodi imprevisti e momenti di tensione ben risolti come l'incontro con i nativi americani e una lotta corpo a corpo di fronte alla quale Tommy Lee Jones non si tira indietro ne fanno un film che si inserisce tra le migliori pellicole che negli ultimi anni hanno riscoperto il fascino ruvido del vecchio Ovest, un racconto che procede senza che nessun personaggio monopolizzi il quadro d'insieme e innervando la storia del tono intimistico di un viaggio interiore, seppur lacerato dagli eventi e solcato dalla linea infinita dell'orizzonte che taglia nettamente in due i campi lunghi sulle praterie.
A voler trovare il pelo nell'uovo si potrebbe registrare un leggero calo di tensione nella seconda parte, ma si tratta di un attimo di passaggio, ben superato da una delle scene formalmente più evocative e iconografiche del genere.
Ma l'ottimo western moderno di Tommy Lee Jones, scortato nel racconto dalle musiche appena suggerite di Marco Beltrami e da diverse ballate tradizionali e arricchito dai camei dei ben ritrovati James Spader, John Lithgow e da quello invero un po' ingombrante di Meryl Streep, non commette avarizia nemmeno alla fine riservando un'altra buona soluzione per la conclusione, conclusione per nulla consolatoria, ma dolcemente malinconica come una vecchia nenia dell'Ovest mormorata a bocca chiusa.
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