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La gente che sta bene

Regia di Francesco Patierno vedi scheda film

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La recensione su La gente che sta bene

di barabbovich
5 stelle

Strana traiettoria, quella di Francesco Patierno: partito con un paio di film alla sfegatata ricerca della cifra d'autore (Pater familias ricorda addirittura il cinema di Cabiddu, di Sanna e dei fratelli De Serio), ha virato bruscamente verso la commedia dai presunti risvolti sociologici con metafore a portata delle masse. Nel passaggio compiuto dal regista partenopeo la virata è talmente brusca che è come se trovassimo Giovanardi vestito da drag queen al carnevale di Rio: ovvio che poi qualcosa non torni e che il profilo ondivago del regista non ottenga risultati apprezzabili né nel cinema d'essai, né nella commedia più corriva. Nonostante ciò, dei quattro film di finzione che Patierno ha girato finora, La gente che sta bene è il meno peggio. La vicenda raccontata è quella di un avvocato milanese gradasso e senza scrupoli (Bisio) che sembra non essere sfiorato dalla crisi. Cinico e intrallazzatore, l'uomo sta per essere licenziato dallo studio di rango presso il quale lavora da vent'anni quando gli capita l'occasione per passare a uno studio tedesco ancora più affermato. Ma le troppe macchinazioni lo metteranno davanti a uno scenario ben diverso da quello sperato e gli alieneranno gli affetti familiari proprio quando sta per arrivare il terzo figlio. Caricato quasi per intero sulle spalle di un Bisio mattatore e survoltato (con Margherita Buy nei panni di una moglie dimessa e trascurata, interpretata tutta per sottrazione e ai limiti dello spaesamento), il film tratto dal romanzo di Federico Baccomo fotografa l'altra parte della barricata, quella dove c'è la gente che sta bene, che vive tra palazzi elegantissimi, possiede automobili costose e trascorre le vacanze in chalet esclusivi. Ma come già in Cose dell'altro mondo, l'analisi sociale è spuntata e sconfina nella caricatura e il cast è assortito con criteri indecifrabili: un'attrice meravigliosa come Margherita Buy costretta a lavorare spalla a spalla fin dalla locandina con la top model venezuelana Jennipher Rodriguez, nella quale si stenta a trovare un millimetro quadrato di pelle che non abbia visto il bisturi del chirurgo plastico.

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