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Sangue del mio sangue

Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film

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La recensione su Sangue del mio sangue

di leporello
4 stelle

Svarione totale di uno dei migliori registi italiani.

   Banda Bellocchio mobilitata in forze, più una discreta quantità degli abituali, amichevoli innesti (Rohwacher, Timi, Herlitzka, Bertorelli ed altri), il cui contributo (non sempre, ma con Herlitzka e Bertorelli sicuramente sì), a parte una fotografia magnifica firmata Ciprì, forse è l’unica cosa che non fa sprofondare del tutto questo lavoro di uno dei registi migliori che abbiamo, qui in evidente stato confusionale.


   Anzitutto, dato che con attori siamo partiti, bisognerebbe che qualche corso di recitazione di base, anche solo a livello di Talent Show alla De Filippi, sia da mettere nel conto della realizzazione di film che vogliano (debbano) essere considerati d’autore; sarebbe ora, un esempio solo, che una come la Rohwacher, ormai solidamente (e giustamente) compresa nel Pantheon del cinema nostrano, imparasse a pronunciare le esse diversamente dalle zeta. Ma bisognerebbe anche che il casting si accerti preventivamente che anche lo stuolo di ruoli minori, se proprio a dozzine sia necessario impiegarne, usi un po’ di attenzione in più prima di mettere in campo (un altro esempio solo) un fraticello rosso di capelli nel ruolo di caporale d’inquisizione (mi si perdoni di non averlo riconosciuto, ma tra i crediti non appare) che parla (appunto recita) con la stessa enfasi di Radio Maria.


   Chiuso con gli attori (no, perdonatemi: insisto! Il Bellocchio Junior che cavalca tutto proteso in avanti  come fosse La Maschera di Zorro con le emorroidi è davvero esilarante!), passiamo al resto del ridicolo.  Ce n’è di grosso sicuramente nella parte prima (quella seicentesca): la sequela dei tentativi inquisitori di forzare la confessione della non-strega in merito ai suoi rapporti col Maligno ricorda impietosamente i cartoni animati di Willy il Coyote: prima appena due sberle ben date (proviamo a corrergli dietro tagliandole i capelli), poi l’acqua, poi il fuoco (TNT!), alla fine murata viva e che dio ti perdoni, si casca sempre giù dal canyon senza che lo stomaco della sceneggiatura si sia riempito nemmeno un po’.


   Nella parte seconda (flash back: dite anche alla Elena “Banda” Bellocchio di fare una telefonata alla De Filippi...) le cose non migliorano troppo, a parte una o due scene degne di un film di Bellocchio (la riunione segreta dei potenti/decadenti, la seduta dal dentista del vampiro, ammesso che sia un vampiro). A fare da aggancio tra le due sezioni c’è la musica. Mi sembra di ricordare (potrei sbagliarmi) che Marco Bellocchio, per sua stessa ammissione, non si curi delle musiche utilizzate nei suoi film (disse che non conosceva affatto il brano “The Great Gig in The Sky” dei Pink Floyd che fu il commento musicale alla scena madre, cuore del suo bellissimo “Buongiorno Notte”). Però che diamine! Cosa cavolo sono questi canti anglofoni moderni in gregoriano tarocco firmati “Scala & Kolacny Brother” piazzati pieno seicento? Chi glieli ha messi in mezzo? Non senti che stona? E poi d’accordo: te di musica non ti intendi, va bene. Ma quando hai filmato il Coro di Vergini Emiliane che insieme al miliardario russo parvenu cantano a memoria “Torna a Surriento” attorno a un pianoforte dopo una cena (presuntivamente) molto alcolica, dov’eri? Al Karaoke?


   C’è puzza di alloro bruciato che sale mefitico da questo film. Speriamo che Bellocchio si riabbia presto.

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