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Sangue del mio sangue

Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film

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La recensione su Sangue del mio sangue

di michemar
7 stelle

Il film di Bellocchio è, a suo modo, spiazzante ed enigmatico al primo impatto: due tronconi apparentemente separati e distanti, ma solo nel tempo. In un certo qual modo il regista affronta e confronta la Storia e la sua storia personale, la Chiesa e lo Stato, la religione e la laicità, in una maniera che potremmo definire sperimentale.

Con il suono di una campanella di un convento Marco Bellocchio ci introduce in un tempo assai lontano e in un luogo che pare dimenticato, un convento buio e freddo con le stanze anguste che ospitano le suore di clausura. E l’ansimare di una ragazza sotto tortura ci porta in un tempo ancora più lontano e in un tempo ancor più buio. Si avverte subito come la penombra viene in contrasto con gli abiti candidi delle novizie che cantano nel piccolo chiostro. La severità del luogo sposa perfettamente il rigore e l’intolleranza del clero di quei tempi: una ragazza messa a dura prova deve confessare di aver sedotto un prelato, che in conseguenza di questo grave fatto si è suicidato. Ma non è tutto chiaro, non tutto è limpido. In ogni caso gli inquirenti, o meglio l’inquisitore - perché di antica e terribile Inquisizione si tratta, anche se non paragonabile a quella storica, ma altrettanto severa, vendicativa e punitiva – il monaco Cacciapuoti si attende senza meno la piena confessione e la chiara ammissione di colpa da parte della ragazza, tenuto in segregazione e torturata con mezzi molto dolorosi e poi condannata ad una pena atroce. Tutto ciò serve, egoisticamente, a salvaguardare la figura del prete suicida, che almeno potrà in questo modo salvare la reputazione propria e della Chiesa intera. Ago della bilancia sarà il fratello del prete suicida, Federico, uomo d’arme a cavallo, che vuole anche lui riabilitarne la memoria ma corre il rischio di cadere nel tranello sensuale di Benedetta (nome provocatorio), la ragazza imputata.

Pier Giorgio Bellocchio, Alberto Cracco, Fausto Russo Alesi

Sangue del mio sangue (2015): Pier Giorgio Bellocchio, Alberto Cracco, Fausto Russo Alesi

 

Tutto avviene nel convento antico di Bobbio, luogo caro all’infanzia e alla gioventù di Bellocchio, luogo in cui ha i suoi ricordi e in cui si tramanda la orribile storia qui narrata. E qui riprende la pellicola con una seconda parte che vede il convento ancora al centro dell’attenzione ma siamo catapultati a pie’ pari ai giorni nostri. Giorni in cui strani personaggi – anomali, curiosi, dai nomi più strampalati (Mai, Quantunque, Basta, Picciafuoco) – si aggirano interessati intorno al convento e dentro Bobbio. Il passaggio subitaneo è un atto coraggioso se non addirittura grottesco del regista, che unisce una antica leggenda locale alle tribolazioni sociali e politiche dell’Italia dei giorni nostri. Il personaggio più importante di questa seconda parte, il Conte isolato e scorbutico che vive nel convento, interpretato come sempre in maniera efficace dal sublime Roberto Herlitzka, si circonda da amici appunto particolari che lo frequentano per propria convenienza e per poter arrivare a sfruttare  le occasioni propizie. L’unico amico con cui va d’accordo è il vecchio dentista, che si avvale nello studio di uno collaboratore straniero (stiamo parlando metaforicamente di immigrazione?) e con cui il Conte ha la possibilità di commentare sarcasticamente la situazione sociopolitica del nostro Paese. È sicuramente la sequenza meglio riuscita e simpatica del film, perché le battute corrosive e ben centrate descrivono amaramente e purtroppo i nostri giorni.

 

Roberto Herlitzka, Toni Bertorelli

Sangue del mio sangue (2015): Roberto Herlitzka, Toni Bertorelli

Il film di Bellocchio è, a suo modo, spiazzante ed enigmatico al primo impatto: due tronconi apparentemente separati e distanti, ma solo nel tempo. In un certo qual modo il regista affronta e confronta la Storia e la sua storia personale, la Chiesa e lo Stato, la religione e la laicità, in una maniera che potremmo definire sperimentale ma sempre, come sua caratteristica, con piglio coraggioso. Lui stesso ha dichiarato che ne voleva fare due film ma poi, trovando il nodo per legarli, ne ha tratto una unica opera che fa riflettere, come sempre ci costringe lui. Storia antica di Inquisizioni della irragionevole e severa Chiesa dei secoli scorsi e storia di un vecchio saggio e arguto padrone ai tempi nostri del convento in cui si svolsero i nefasti fatti di allora. Lugubre, tenebrosa e boccaccesca la prima parte, surreale e arguta – con pazzi veri e finti – la seconda. Grande come sempre Roberto Herlitzka, maestro di recitazione, come buona anche la prova del figlio del regista Pier Giorgio, ma il maestro è lui: Marco Bellocchio! Film non semplice e un poco snob, intellettuale, come tutto il cinema laico del regista. Sicuramente non il suo più riuscito, ma rimane sempre importante ogni sua opera. Chi apprezza il suo lavoro non deve comunque perderselo.

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