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Sangue del mio sangue

Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film

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La recensione su Sangue del mio sangue

di FilmTv Rivista
7 stelle

Un film in una frase: «Bobbio è il centro del mondo». Sicuramente di quello artistico di Marco Bellocchio che, già nel 2011, ha portato al cinema un’opera affascinante come Sorelle Mai, composta da sei episodi girati in sei anni a partire dai laboratori Fare cinema realizzati con gli studenti proprio a Bobbio, dove il cineasta d’estate organizza anche il suo festival di cinema. Ecco, da questo punto di vista, Sangue del mio sangue è forse uno dei film più personali del regista piacentino. C’è tutto il mondo familiare che abbiamo imparato a conoscere fin da I pugni in tasca, che fu realizzato con l’aiuto economico e logistico dei Bellocchio. E, per la prima volta, il regista decide di affidare la parte del protagonista assoluto al figlio Pier Giorgio (ma nel cast c’è anche l’altra figlia, Elena), presenza costante nel suo cinema dalla fine degli anni 90 e specchio riflesso di quello che Bellocchio sognava di essere da giovane, un attore, carriera che tentò al Centro sperimentale. Ma questo gioco di rimandi è ancora più forte nel film, che non a caso s’intitola Sangue del mio sangue, perché nel raccontare la storia di Federico Mai, giovane uomo d’armi, che nel Seicento a Bobbio assiste al processo contro suor Benedetta, accusata di aver sedotto il suo gemello sacerdote, Bellocchio tocca ancora una volta, dopo Gli occhi, la bocca, la tragedia del suo stesso fratello gemello suicida (ma nel film c’è anche un altro attore-fratello, Alberto). A una prima metà tutta ecclesiastica e in parte seria (fa eccezione l’episodio con le due sorelle - una è interpretata da Alba Rohrwacher - che ospitano Federico Mai), naturalmente ispirata alla monaca di Monza (in un primo momento il titolo doveva essere proprio La monaca di Bobbio), si contrappone una seconda ambientata ai giorni nostri, in cui Bellocchio si diverte a giocare con il registro del grottesco che ben conosce per ritrarre un’Italia contemporanea in cui i notabili vampireschi (un grande Roberto Herlitzka in coppia con il perfetto Toni Bertorelli) continuano ad avere in mano il potere che esercitano attraverso uno spregiudicato consociativismo. Insomma, Dio e Satana a braccetto. E il popolo sta a guardare senza nemmeno capire che cosa accade (come il personaggio un po’ sopra le righe interpretato da Filippo Timi).

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 36 del 2015

Autore: Pedro Armocida

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