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Robin e Marian

Regia di Richard Lester vedi scheda film

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La recensione su Robin e Marian

di Antisistema
8 stelle

A fine anni 60' ad Orson Welles, venne rivolta una domanda riguardanti i registi di nuova generazione che considerava più interessanti e il maestro rispose Stanley Kubrick e Richard Lester. Del primo regista avevo visto tutto (perché altrimenti sei escluso dai circoli che conta a quanto sembra), invece del secondo non avevo visto nulla e quindi, dovevo decisamente rimediare e dopo qualche film suo visto, ho finito con il recuperare questo Robin e Marian, che è decisamente affascinante, nonché ben recensito dalla critica nostrana (Mereghetti gli dà 3 stelline, mentre Morandini ben 4 stelline).

 

Di trasposizioni su Robin Hood ve ne sono a bizzeffe; ma questa di Lester è l'unica che ha senso di esistere dopo La Leggenda di Robin Hood di Curtiz (1938), per svariati motivi. In primis il fatto che il regista è l'unico ad aver detto qualcosa di nuovo sul personaggio, mettendo in scena una sorta di 20 anni dopo con i personaggi invecchiati e oramai segnati non solo nell'aspetto, ma anche come maturità , poiché le illusioni e gli entusiasmi giovanili, sono stati spazzati via dall'inesorabile scorrere del tempo. Robin (Sean Connery totalmente diverso dai suoi ruoli da duro alla James Bond), oramai ha oltre 40 anni ed ha passato 20 anni al servizio del Re Riccardo Cuor di Leone, un sovrano che credeva buono e giusto e che invece qua viene ritratto in modo tremendamente negativo nella sua follia bellica priva di senso (ha ucciso e massacrato donne e bambini, e nonostante questo, Robin e Little John lo hanno sempre seguito stupidamente), nonché di risultati tangibili (Scott non ha inventato nulla di nuovo in pratica) e che risulta quindi molto più vicina alla realtà storica di quello che doveva essere questo sovrano, piuttosto che la figura edoculturata e integerrima che la leggenda ci ha tramandato. La poetica di Richard Lester consiste nel prendere dei personaggi o elementi fortemente radicati nella cultura pop, per smitizzarli della propria essenza, destrutturarli ed infine riplasmarli in una nuova forma che lungi dal ridicolizzarli come qualcuno ha affermato, finisce incredibilmente per mettere in gioco la loro essenza umana.

 

Robin Hood in questo film ha più di 40 anni, è un uomo segnato dal tempo nell’aspetto; capelli che cadono, cicatrici ovunque, barba e difficoltà a compiere determinate azioni (vedasi la lunga e faticosa scalata delle mura, ma anche lo sfiancante duello finale con lo sceriffo), ma in fondo è ancora un ragazzino, che nonostante inizialmente voglia solo la pace, alla fine è vittima della sua leggenda e finisce con il capeggiare una rivolta antisistema contro l'oppressione verso il nuovo re Giovanni e il suo scagnozzo, lo sceriffo di Nottingham che non vede l'ora di regolare dopo 20 anni i conti con il suo acerrimo nemico. Da contraltare a Robin Hood, abbiamo Marian (Audrey Hepburn che ritorna al cinema dopo 9 anni e a livello recitativo non ha perso alcuno smalto), che sono anni che è una suora, perché non ce la faceva più a convivere con il ricordo del suo amato che era partito. Sposarsi a Gesù però, non le ha permesso di cancellare i suoi ricordi passati e al ritorno di Robin Hood, la donna dovrà tener conto del fatto che anche lei svolge un ruolo fondamentale nella leggenda dell'arciere di Sherwood, e la sua fuga da ciò che il suo personaggio simboleggia, non può durare a lungo dopo il suo ritorno in Inghilterra. Marian è invecchiata anche lei, ma non può celare dietro il suo rancore per Robin, il profondo amore che nutre per lui, poiché è portatrice di un sentimento che và oltre la mera carne, perché il legame tra questi due personaggi, risulta colmo di un amore che trascende i loro corpi. Marian è stanca delle continue battaglie di Robin, ma la lotta è l'essenza stessa dell'arciere di Sherwood; tutto questo non può che portare ad un forte scontro tra due vedute e progetti, diametralmente opposti (lotta e nuove avventure contro il desiderio di una vita stabile) e quindi Robin e Marian, non sono destinati ad amarsi in Terra ma, come la struggente e poetica dichiarazione finale di Marian (che commuoverebbe anche un sasso per quanto è bella) al suo amato ci suggerisce, la loro unione si farà epitaffio nell’eterna leggenda che andrà oltre le loro esistenze terrene, per consacrarsi come mito immortale.

 

Robin e Marian risulta epico, malinconico, platonico, poetico, romantico, postmoderno, ironico, crepuscolare e definitivo, grazie alla meravigliosa regia di Richard Lester che riesce ad unire tutti questi ingredienti in una miscela che magari non sempre è perfetta, ma che alla fine produce un risultato unico ed originale. Con una semplicità disarmante, il regista riesce a scavare a fondo nei personaggi e nella situazioni, riuscendo a riassumere concetti complessi ed arditi, con poche inquadrature. L'esempio più significativo è la scena iniziale, dove il regista tramite un piano sequenza, ci mostra dei soldati che assediano un castello e dopo un duro lavoro per estrarre una pietra dal terreno per caricarla sulla catapulta, ciccano clamorosamente il bersaglio delle mura poiché hanno sbagliato il calcolo della gittata; in sostanza, il regista smaschera l'assurdità del folle gioco della guerra con un'immagine dissacrante di una catapulta che scaglia il masso a neanche 6-7 metri di distanza (l'assedio poi si scoprirà essere stato completamente inutile). Di sequenze così il film ne è pieno, poiché Robin e Marian è un film dall'andamento lento, riflessivo, meditativo, contemplativo e aventi dei dialoghi di ottimo spessore; per questo motivo è una pellicola divisiva e fortemente pregna del revisionismo anni 70'. Un film del genere spiazzo' pubblico (fu poco più di un discreto successo) e critica che rimase spiazzata innanzi a questo film (Maltin e Ebert, critici dabbene gli danno 3 stelline) e su imdb ha una media del 6.6 (più bassa dei successivi film di Robin Hood ad esso inferiori). Non nego che abbia spiazzato anche me, perché il lavoro di Lester forse è anche sugli attori che interpretano i personaggi (Audrey Hepburn che dice và al diavolo... non è da Audrey Hepburn), ma chissà che in futuro non possa aumentare con future revisioni, il mio gradimento verso tale opera.

 

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