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Dagmar: L'anima dei vichinghi

Regia di Roar Uthaug vedi scheda film

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La recensione su Dagmar: L'anima dei vichinghi

di Maciknight
6 stelle

Escape è un film norvegese di tutto rispetto, ben confezionato, con personaggi ben delineati ed interpretati, e scene d’azione abbastanza curate. Nulla a che vedere coi film (americanate pseudo storiche) che ormai dilagano dai ritmi frenetici e trame scalcinate ed incongrue. Questo si potrebbe definire un classico, semplice come si faceva una volta, un film d’avventura a sfondo storico, che si segue facilmente pur nella sua durezza, necessaria perché l’ambientazione è la seconda metà del XIV secolo in Scandinavia, pochi anni dopo la terribile Peste Nera che ha dimezzato la popolazione europea, a causa della quale si può presumere che nella penisola scandinava (grande tre volte l’Italia) vivessero al massimo un milione di persone, una vera desertificazione demografica, ed i pochi sopravvissuti vivevano una vita grama dovendosi difendere costantemente da criminali allo sbando.

In Escape viene descritta una banda ben organizzata, composta da 5 uomini guidati da una donna molto risoluta e spietata (da sfiorare il sadismo psicologico) ed una bambina sensibile e mite che sembrerebbe sua figlia, ma poi si scoprirà non esserlo, non essendo affatto disponibile a sottoporsi ai dettami violenti della capo banda.

Durante uno dei loro agguati alle famiglie in transito uccidono i genitori ed il fratello della protagonista, la tardo adolescente (secondo i canoni attuali) Signe, che viene catturata.

Inizialmente viene descritta piuttosto imbranata ed incapace (come fosse una cittadina e non una contadina), poco verosimilmente rispetto all’epoca storica in cui non poteva esserlo, a quell’età nella realtà doveva essere già in grado di gestire una famiglia, essere autosufficiente e difendersi. Poi con il susseguirsi dei tentativi di fuga, aiutata dalla “figliastra” della capobanda, oltre ad una certa fortuna (definiamole circostanze favorevoli), dimostra anche potenzialità latenti fino a sfociare in un finale poco credibile in cui si trasforma in pochi minuti in una spietata guerriera amazzone. A parte il finale in cui il regista si è allontanato dai suoi canoni (apprezzabili) di avventura lineare e classica (credibile), per esprimere una performance assolutamente poco credibile (un’americanata), il film rimane un prodotto valido sia nei contenuti morali semplici e condivisibili (bella la figura dell’uomo che durante la loro fuga le aiuta ospitandole nella sua bella casa di legno difendendole fino all’estremo sacrificio, così come alcuni membri della banda con i loro conflitti interiori espressi con un’ottima mimica, compresa la capobanda) e sia nella realizzazione anch’essa semplice, efficace e più che dignitosa.

Un film d’avventura senza pretese ma che si fa apprezzare, peccato se ne facciano pochi del genere.

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