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Il ritratto di Dorian Gray

Regia di Albert Lewin vedi scheda film

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La recensione su Il ritratto di Dorian Gray

di Baliverna
8 stelle

L'ho visto poco dopo aver letto il romanzo, e devo dire che non mi ha deluso. Certo, non è un film d'azione ed avventura, ma se lo si guarda con il giusto spirito e con l'attenzione a ciò che era anche il tema principale sia per Oscar Wilde che per Albert Lewin, allora il film non può deludere. Visto che sono fresco del romanzo, vorrei ora esporre ciò che ritengo riuscito e fedele, e ciò che lo è di meno. La caratterizzazione dei personaggi e la scelta degli stessi attori mi sembra molto buona. E' vero che Dorian Gray nel romanzo è biondo e riccioluto, ma l'attore che lo interpreta rende comunque bene ciò che contava veramente, cioè la bellezza (almeno così dev'essere, perché non ci ho mai capito niente con la bellezza maschile), la raffinatezza, l'orgoglio, l'impassibilità, il culto per il piacere. Ottimo mi sembra George Sanders che interpreta il cinico, il raffinato, il freddo, e direi anche egoista Lord Henry. Anche il pittore, benché personaggio di secondo piano, è ben caratterizzato e appropriato. Quanto a Sibyl Vane, il regista ha voluto spostare l'azione da un teatro di terz'ordine a una locale popolare, e ha voluto cambiare il motivo per cui Dorian Gray la pianta così brutalmente. Se il primo cambiamento è più formale che sostanziale, il secondo è più discutibile. Nel Romanzo il protagonista la lascia perché una sera recita male e ciò offende terribilmente il suo amore per l'arte e il suo gusto estetico. Ciò è anche funzionale alla rappresentazione di Dorian come un fanatico esteta col culto per il piacere e la bellezza, che lo fa disprezzare a confronto anche la donna amata. Nel film, invece, lui la lascia perché la povera fanciulla innocente rifiuta di concederglisi. Io avrei lasciato le cose com'erano nel romanzo. Angela Lansbury, oltre che carina, è anche molto brava, specie se si paragona questo ruolo con la quasi coeva parte che ebbe in "Angoscia" di Cukor: qui donzella buona, ingenua, pura, delicata; lì domestica impertinente, doppia, ambiziosa, invidiosa. Per ultimo, il film cambia il finale del romanzo, con Dorian che chiede perdono a Dio per la vita perversa e viziosa che ha condotto. Nel romanzo, invece, muore perché distrugge il ritratto nell'inutile tentativo di distruggere la sua coscienza, senza chiedere perdono. Ciò significa anche che la coscienza è una parte inscindibile dell'essere umano, forse la principale.
A parte questi piccoli appunti a Lewin, il film è molto bello, coinvolgente, e girato con molta cura. Giustamente non si è rinunciato a far vedere il quadro con le sue progressive trasformazioni (complimenti ai pittori); l'idea poi di usare in queste scene il colore è originale e funzionale alla rappresentazione. In ogni caso, modifiche a parte, il nucleo tematico del romanzo è reso così com'è. Le nostre azioni cattive lasciano infatti tracce terribili nella nostra anima (o personalità, per chi non crede alla sua esistenza), e in qualche modo se ne vedono gli effetti anche nel nostro aspetto fisico. Il pensiero che il male non faccia male, che non lasci pesantissime tracce, che non deturpi fuori e dentro chi lo commette è una tragica illusione. Gli effetti vengono in questa vicenda solo posticipati, non eliminati. In ogni caso, è un film all'altezza di uno dei capolavori della letteratura mondiale.

 

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