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Blue Ruin

Regia di Jeremy Saulnier vedi scheda film

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La recensione su Blue Ruin

di alan smithee
6 stelle

CANNES 2013 - QUINZAINE DES REALISATEURS
Un bel thrillerino di prima mattina serve per scaldare gli animi e il corpo infreddolito da un'attesa fastidiosa sotto un tempaccio piovoso tutt'altro che primaverile qui alla Quinzaine. Opera seconda dello statunitense Jeremy Saulnier, il film è una produzione indipendente a basso costo che le cronache ci informano abbia raccolto pure parte dei finanziamenti, necessari per iniziarne le riprese, tramite una colletta organizzata via internet, che ha incontrato sempre nuovi finanziatori tra la gente comune via via che il regista inseriva parte del girato in modo da dimostrare con modalità trasparente ed onesta come venissero spesi gli aiuti ricevuti, nel rispetto dei singoli generosi finanziatori, portando costoro spesso a proseguire i loro aiuti.
Per tutta la durata del film ci troviamo dinanzi ad una intricata vicenda che oppone due famiglie: una contesa che si intuisce poco per volta e di cui il regista non ci vuole mai spiegare più di tanto, ma solo farci intuire il necessario per rendere plausibile il prosieguo della vicenda. Una trama portata avanti dal desiderio di vendetta, sentimento che vede coinvolto un balordo quarantenne, inizialmente dalle sembianze di un barbone, che fa ritorno nella casa natia per cercare di vendicarsi per qualcosa di evidentemente grave che lo ha scosso e che giustifica poco dopo un suo primo efferato omicidio. Non che le vittime della sua furia stiano a guardare: anzi poco dopo l'uomo, dopo aver allertato la sorella su una minaccia che incombe su tutta la famiglia, si ritrova sanguinante e con una freccia conficcata in una coscia a scappare in cerca di un riparo. In un clima di tensione quasi goliardica che ricorda un poco le atmosfere comico-nere del cinema macabro ma divertente del regista britannico Ben Weatley (Turisti, Kill list), il regista conduce il suo killer per caso verso il teatro della resa dei conti, che sarà definitiva...o quasi. Premesso che personalmente preferisco trame che si sviluppino più chiaramente lungo il corso della vicenda (più che altro per evitare che poi la storia possa essere modificata, stiracchiata e violentata a piacimento di un burattinaio che non deve rendere conto a spettatori inermi e disinformati), Blue Ruin tuttavia si lascia seguire con una certa attenzione grazie anche al fatto che non sembra mai prendersi troppo sul serio. Il titolo ritengo alluda alla "carcassa blu" del protagonista, una ferraglia arrugginita che un tempo ben lontano dal presente poteva definirsi "autoveicolo", e che lo accompagna per tutta la concitata vicenda ospitando corpi vivi e cadaveri in più occasioni, nella migliore tradizione del noir.

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