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Man of Tai Chi

Regia di Keanu Reeves vedi scheda film

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La recensione su Man of Tai Chi

di Immorale
4 stelle

La prima regia dell’attore statunitense dimostra, fin da subito, che il suo immaginario cinematografico si è probabilmente fermato al suo momento di massimo splendore hollywoodiano: la sua interpretazione di Neo nella trilogia di “Matrix” dei fratelli Wachowski.

 

locandina

Man of Tai Chi (2013): locandina

 

Ma da allora sono passati tre lustri, che hanno profondamente sovvertito l’estetica di film del genere e rivisto la sensibilità collettiva dello spettatore medio, niente più cyberpunk “annacquato”, quindi, ma “realismo” filosofico marziale adattato al filone action asiatico moderno (con un occhio ai classici degli anni 70-80). Reeves ha provato perciò ad adattarsi ai tempi, cedendo anche il ruolo di protagonista e ritagliandosi invece un ruolo anomalo, da mefistofelico cattivo. Con risultati però non propriamente convincenti: nulla da dire sui combattimenti (forse troppo presenti e fagocitanti), che si lasciano godere per l’abilità di Tiger Chen (e dei numerosi suoi opponenti), attore con un passato di campione e coreografo marziale (anche in “Matrix”); forse un unico appunto può essere mosso a queste fasi e cioè quello di ricordare parecchio le disfide virtuali del già citato film (senza averne il sostegno “sceneggiativo”), asettiche e con troppo “trasporto” cinetico, oltre che con una certa tendenza alla plasticità (le coreografie sono di Yuen Woo Ping, anch’esso già al lavoro in Matrix e ne “La tigre e il dragone” di Ang Lee). Il problema principale è tutto nella storia raccontata: un misto di situazioni già ampiamente sfruttate negli anni passati, con rimandi spirituali e tentazioni ingenue di introdurre un discorso etico nelle arti marziali moderne (in alcuni casi stravolgendone la disciplina), prendendosi decisamente troppo sul serio e, in definitiva, risolvendo tutto a suon di ben assestate “botte da orbi” (e fasi alla “Dragon Ball”). Con dei dialoghi, a corollario dell’azione, a volte francamente imbarazzanti nonché eccessivamente impostati e stentorei, senza “stemperare” il tutto con un seppur minimo accenno di ironia.

Provaci ancora, Keanu.

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