La recensione su Frank

     Frank fa ridere. Sia chiaro. È piacevole dall'inizio alla fine. Ma come bonus dice anche qualcosa sulla malattia mentale. Qualcosa espresso anche in musica. Qualcosa che produce i momenti più intensi e toccanti del film. C'è una sorta di valorizzazione dell'armonia tra "disturbati" nell'arco che traccia. Un ritrovarsi nella musica tra animali della stessa specie. È un'armonia da cui il rossocrinito tastierista è escluso irrimediabilmente e che per questo rischierà di rompere.

    La maschera. Il film di certo non affronta in modo psicologicamente ruminante e approfondito il tema della maschera. Però va detto che con la maschera Frank riesce a stare "nel" mondo. Riesce spesso a sembrare il più equilibrato del gruppo. Più interessante, e certo più voluta, è la riflessione sulla creatività nell'atavico binomio genio-follia. Se Jon affronta il viaggio credendo che l'ispirazione venga da un'anima travagliata e una mente in guerra (ed è ridicolmente contento che la sua esperienza col gruppo gli dia finalmente i problemi di cui la musa si nutre), la storia mette poi sulla sua strada il chiaro messaggio che i problemi in realtà intralciano e rallentano l'artista e sono tutt'altro che una benedizione. Personalmente credo che la verità sia più ambigua e stratificata di così. Ma ho apprezzato la smitizzazione del clichè maledettistico.

       Il film è come Frank, strambo ma gentile. Non ha lo spirito "indipendent"e radicale della band ( e forse questo personalmente mi ha un po' deluso per quel che poteva essere nelle mani di, un "indie" a caso, un Jarmusch). È, per ammissione dello sceneggiatore Jon Ronson, una sorta di favola, un Alice nel paese delle meraviglie della musica. Difatti il tono generale è lieve e sorridente, seppur con squarci malinconici e perfino drammatici. Splendidi Gyllenhaal e Fassbender su cui poggiano questi passaggi repentini al serio ( ed entrambi sono credibili anche come musicisti. Fassbender soprattutto, grande mimica e una voce a metà tra Jim Morrison e Ian Curtis). Il lavoro sulla musica è curatissimo. Le canzoni (e gli stralunati testi) di un sorprendente noise-indie-rock si devono a Stephen Rennicks (già membro a fine '80 dell'art-punk band "the Prunes"). Per enfatizzare il carattere semimprovvisato dello stile del gruppo si è deciso temerariamente di registrare i pezzi durante le riprese. Il che spiega la presenza di veri musicsti come la batterista Nina (Carla Azar, alla prima esperienza da attrice. La si può sentire anche nell'ultimo disco di Jack White :"Lazaretto") e il chitarrista, interpretato dall'attore/musicista francese Francois Civil.

   Il personaggio di Frank è leggermente ispirato a Frank Sidebottom, alter-ego del britannico Chris Sievey, comico, musicista e performer artist attivo tra gli '80 e i '90 e scomparso nel 2010. Lo sceneggiatore Jon Ronson fu tastierista nella band di Sievey e ci finì casualmente, ma a parte questo fatto e il testone di cartapesta (molto simile all'originale) non ci sono altri punti di contatto con la vera storia di Frank Sidebottom. Non è un biopic e a quanto pare non c'è mai stata l'ntenzione di farne uno (anche se il nome e il testone così sembrano un po' una furbata, tant'è che qualche fan di Sievey è stato tratto in inganno...). Sono comunque in arrivo un libro e un documentario su questo bizzarro essere, per chi fosse interessato.