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Riflessi in un occhio d'oro

Regia di John Huston vedi scheda film

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La recensione su Riflessi in un occhio d'oro

di Antisistema
9 stelle

Elizabeth Taylor era una delle quattro dive del periodo tardo-classico della vecchia Hollywood (periodo anni 50-' metà anni 60'), che insieme a Marylin Monroe, Grace Kelly e Audrey Hepburn è rimasta nella memoria del pubblico e tra tutte queste quattro dive, non solo ha vinto ben due oscar, ma era quella i cui film incassavano cifre astronomiche, specie dopo il suo matrimonio con il talentuoso attore gallese Richard Burton. La specialità di Elizabeth Taylor erano i melodrammi, tanto celebrati all'epoca quanto oggi per la maggior parte tutti un pò invecchiati; specie quelli di origine teatrale tanto che parte della critica americana considera dei veri e propri capolavori esagerando come Una Gatta sul Tetto che Scotta di Richard Brooks (1958) e Chi ha Paura di Virginia Wolff di Mike Nichols (1966); ci sono senz'altro dei film dell'attrice che si stagliano al di sopra della media; oltre al Gigante di George Stevens (1956) e all'ottimo e sottovalutatissimo Improvvisamente l'Estate Scorsa di Joseph L. Mankiewicz (1959), finalmente vedo nella filmografia dell'attrice un titolo degno dell'aggettivo capolavoro; Riflessi in un Occhio d'Oro (1967), girato dal grande John Huston che da circa un quindicennio aveva una filmografia da montagne russe, passando da capolvori e ottimi film, fino a pellicole ben poco riuscite. 

Il film è un melodramma ambientato negli anni 40' in un campo militare che mette in scena i tradimenti, l'adulterio, l'omosessualità latente ed i sentimenti sottaciuti se non repressi dei vari protagonisti del film, le cui due famiglie analizzate sono vivisezionate nel profondo. E' un film complesso e stratificato, che si avvale di una complessa fotografia dal color oro che inzuppa di tale tonalità ogni fotogramma della pellicola, lasciando però ogni ogni singola scena un particolare elemento con il proprio colore in modo che si stagli dal resto; premetto questa cosa perchè è assolutamente indispensabile vedere l'opera come la concepì originariamente John Huston e non con l'arbitrario ripristino da parte dei produttori dell'originario Technicolor nel tentativo di rendere il film più appetibile commercialmente al pubblico; tentativo inutile poichè nonostante i nomi di Marlon Brando e Elizabeth Taylor, la pellicola fu un fiasco enorme ai botteghini, anche per la materia controversa visto che il film è tratto da unn libro di Carson McCullers, autrice anche della sceneggiatura. 

 

Marlon Brando, Brian Keith, Elizabeth Taylor

Riflessi in un occhio d'oro (1967): Marlon Brando, Brian Keith, Elizabeth Taylor

 

Il maggiore Penderton (Marlon Brando) è un militare tanto rigido quanto devastato sul piano personale; è un omosessuale represso che mal convive con la propria identità sessuale poichè contrasta in primis con la "viritlità" e la "mascolinità" che la professione militare richiederebbe, inoltre è continuamente irretito e sbeffegiato dalla moglie Leonora (Elizabeth Taylor), che sapendo dell'orientamento sessuale del marito lo provoca in continuazione e conduce una relazione con il colonello Langdon (Brian Keith), il quale a sua volta non vi si sottrae anche per via dell'instabilità mentale della moglie sessualmente repressa a causa della morte del loro figlio. Penderton invece ammira un giovane soldato di nome Williams (Robert Forster), il quale a sua volta di nascosto osserva spesso Leonora nella sua camera essendone attratto. 

Il Riflesso in un occhio d'oro oltre a riferirsi a quello del pavone disegnato dal servo filippino Anacleto e mostrato ad Alison (la moglie di Langdon), è la chiave di volta per decriptare la tensione dei personaggi rivolta con i loro sguardi sempre verso un altro ed esplicata anche nervosamente dalla macchia da presa nel finale che passa velocemente ed in continuazione tra i vari volti dei personaggi. 

Williams è invaghito probabilmente di Leonora, tanto da osservarla di nascosto mentre si spoglia e contemplarla nella notte intrufolandosi nella camera da letto, mentre Penderton a parole lo considera scarsamente, ma in realtà il suo sguardo ci comunica una segreta infatuazione verso il giovane che non fa altro che accenturare il conflitto interiore del maggiore dilaniandone sempre più l'animo, in un crescendo di situazioni e sensazione che vi si affastellano. 

 

Julie Harris, Brian Keith

Riflessi in un occhio d'oro (1967): Julie Harris, Brian Keith

 

L'andamento del film è volutamente lento, con una messa in scena negli esterni sempre più rarefatta e dilatata, puntando a dare così un percorso di graduale evoluzione emozionale ai propri personaggi. 

Huston mette alla berlina sia la borghesia americana che il militarismo, facendoli a pezzi in tutta la loro pomposa ipocrisia. Penderton è incapace di ammettere la propria omosessualità, la moglie lo provoca spesso anche spogliandosi completamente innanzi all'uomo perchè repressa ed incastrata in un matrimonio che non le dà alcuna gioia (dormono anche in camere separate), così la donna non trova altro modo che prendere parte ad una relazione extra-coniugale con il colonello Langdon, che risulta incapace di gestire la relazione con la propria moglie Alison, la quale per assurdo è maggiormente compresa da Anacleto, personaggio dalle movenze effemminate; in sostanza la fiera della maschera in questa storia di sentimenti repressi, aridità affettiva e perversioni nascoste. 

Un film che mette in luce il talento più avanguardistico di John Huston, che in un film in teoria mainstream, sfrutta quanto maggiormente può il proprio talento registico calcando sulla morbosità con sequenze talvota troppo esagerate sul piano figurativo (Williams nudo che cavalca), ma riesce a mettere a nudo il potere e tutto ciò che vi gravita attorno. 

Marlon Brando sostituì Montgomery Clift morto poco prima dell'inizio delle riprese (avrebbe sicuramente dato moltissimo sul piano personale a tale personaggio), ma sicuramente non fa rimpiangere il collega, l'attore ci dona una figura di un maggiore ritraendolo in tutta la propria natura ambivalente, lacerato tra la rigidità del proprio ruolo e l'inquietudine neovrotica mista alla frustrazione per la propria sessualità, mentre Elizabeth Taylor fà a meno di certi manierismi ultra spinti tipici delle sue prove anni 60', per darci un personaggio perfido e conturbante, prigioniera repressa di una farsa verso la quale non ne può più, forse la sua migliore prova recitativa di tutta la carriera ed è un peccato che non venne nominata agli oscar in questo caso.

Un John Huston praticamente dimenticato, anche perchè la critica dell'epoca etichettò come pretenzioso e schernì l'interpretazione disperata di Marlon Brando ridendo dei tormenti e dei pianti soffocati dell'attore (come segnalato da Roger Ebert nella propria recensione al film a cui da 4 stelle meritate), che invece evidenziavano un nuovo ritorno in grandissima forma da parte dell'attore americano. Sicuramente un capolavoro e insieme a Gangster Story, Due per la Strada, Senza un Attimo di Tregua e Pianeta delle Scimmie, era tra i cinque migliori film in lingua inglese del 1967.

 

Marlon Brando

Riflessi in un occhio d'oro (1967): Marlon Brando

 

 

Film aggiunto alla playlist dei capolavori : //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297

 

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