Espandi menu
cerca
L'armata degli eroi

Regia di Jean-Pierre Melville vedi scheda film

Recensioni

L'autore

axe

axe

Iscritto dal 23 marzo 2010 Vai al suo profilo
  • Seguaci 29
  • Post -
  • Recensioni 1394
  • Playlist -
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su L'armata degli eroi

di axe
8 stelle

Nel 1942 il territorio francese è sotto il dominio, diretto o indiretto, tedesco. Philippe Gerbier, un intellettuale dissidente, è arrestato dalla polizia collaborazionista di Vichy e recluso in un campo di prigionìa, ove entra a contatto con i più disparati personaggi, i quali hanno in comune l'essere sgraditi al regime, per ideologia, origine o sospetto. Rafforzato nella propria volontà di contrasto al nazismo ed al collaborazionismo, riesce a fuggire; entrato in clandestinità, intraprende un'intensa attività in qualità di capo partigiano. In tal ruolo, insieme ai compagni di lotta, vive mesi di estrema precarietà, poichè delazioni e fughe di notizie causate da chi, tra i resistenti, è preso prigioniero e costretto a parlare pongono la sua vita in costante pericolo. Il regista francese Jean-Pierre Melville, traendo ispirazione in parte dalle sue esperienze, vissute durante gli anni di guerra, e, in altra parte, dalle storie di altri celebri partigiani, di cui alcuni deceduti prima della fine del conflitto, racconta, in questo dramma di ambientazione bellica, la Resistenza Francese. I protagonisti di questa storia, della quale, la voce narrante è di Gerbier, non sono giovani uomini votati all'azione; non affrontano, se non costretti, il nemico armi in pugno. Gerbier, i fratelli Jardie, Mathilde, Ullman, e gli altri, sono persone di una certa età, poco appariscenti; grazie alle loro doti intellettuali, hanno le responsabilità proprie dei capi. Tengono i contatti con gli Alleati ed i rappresentanti della Francia Libera a Londra, gestiscono il traffico di informazioni e la logistica. Sono costretti ad occuparsi anche della "sicurezza interna". Per la loro organizzazione, la segretezza è fondamentale; un partigiano catturato è un potenziale rischio. Spie, delatori sono sempre in agguato. Dunque, per tutelare la loro attività e la loro causa, gli appartenenti all'organizzazione sono costretti ad uccidere chi tradisce. Non è una scelta facile; la riluttanza ed il dolore con i quali affrontano alcuni omicidi fa ben comprendere quale fossero l'impegno e la dedizione di queste persone, pronte ad anteporre l'interesse per un bene superiore - la cacciata dei tedeschi, la sconfitta dei collaborazionisti - alle loro istanze e sentimenti personali, anche di amicizia e, probabilmente, amore. Uccidere un traditore fa male; uccidere una persona cui si vuol bene ... di più. La Resistenza raccontata da Melville è tutto ciò. Un movimento corale che si esprimeva lavorando "sottotraccia" ed in grado di coinvolgere persone di tutte le età, sessi, ceti social. Esso dava spazio ad istanze che univano i perseguitati di ogni sorta; intellettuali in genere, antifascisti, comunisti, cattolici, ebrei, ex-militari delusi dalla repentina sconfitta delle truppe francesi ad opera dei tedeschi. E' in mezzo a tutti loro che Gerbier (Lino Ventura), durante i mesi della prigionìa, affina mente ed animo; il personaggio esprime determinazione, durezza; impassibile, paziente, tenace persegue i suoi scopi. Non c'è spazio per il riso sul suo volto; solo per un sorriso, appena accennato, quando si confronta con i compagni. Rimane stupito di quanto vede a Londra, ove la vita sembra proseguire in un'ostentazione di normalità, nonostante i continui bombardamenti. L'"aplomb" britannico, del resto, non può essere condiviso dai patrioti francesi, umiliati dalla sconfitta e dall'occupazione. A questi "eroi" è affidata la responsabilità della riscossa. Il film ha un ritmo molto lento, i colori sono spenti. Le ambientazioni sono varie, urbane ed agresti; del resto il racconto copre la durata di diversi mesi. Tonalità cupe ed un'evidente precarietà delle esistenze inducono presagi di tragedia; l'epilogo è tale, seppur non mostrato, bensì descritto nelle didascalie conclusive; ma è la Storia recente a mostrarci chi ebbe ragione. Melville, maestro del genere "polar", seppe trasportare elementi tipici del genere noir - il "rigore" dei personaggi, l'austerità delle ambientazioni, l'efferatezza palpabile nelle rare sequenze d'azione - all'interno di un racconto di guerra, descrivendo le caratteristiche essenziali di un movimento resistenziale con maestrìa non indifferente.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati