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Fedele alla linea

Regia di Germano Maccioni vedi scheda film

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La recensione su Fedele alla linea

di maghella
8 stelle

Fedele alla linea è un film documentario, ma non biografico, su Giovanni Lindo Ferretti.

Non è un'intervista, non è una serie di note biografiche, non è una carrellata malinconica di scene di repertorio della lunga carriera di Ferretti per i suoi numerosi fans, ma è piuttosto un flusso di emozioni, di storie e ricordi di cui Ferretti ci rende partecipi.



Da qualche anno Ferretti si dedica all'allevamento di cavalli, cavalli maremmani per lo più, “indomabili e bellissimi”, nella sua casa sull'appennino Tosco Emiliano e di recente ha costituito il teatro barbarico equestre, un lavoro che lo stesso Ferretti reputa fallimentare, ma al quale sta dedicando tempo, soldi, talento, energie... e per il quale ha chiesto l'aiuto del giovane regista e amico Germano Maccioni, per un supporto visivo e documentaristico.

Il film che vediamo però non è nemmeno uno spot al nuovo progetto artistico di Ferretti, ma è piuttosto una miscela di tante altre cose.



Il ritorno a casa di un punk, l'importanza delle radici di un uomo che fin da ragazzo è andato alla scoperta di un mondo che sentiva di “dover” cambiare, ma che ha compreso di amare una volta tornato nel suo piccolo paese di montagna.

Il flusso di ricordi di Ferretti passa da un'improbabile partecipazione allo Zecchino d'Oro, all'incontro con Zamboni a Berlino, dalla nascita dei CCCP alla convivenza con malattie importanti che hanno segnato più volte le tappe della vita di Ferretti, provandolo sia fisicamente che spiritualmente. Tenero e davvero commuovente il racconto dedicato al rapporto con la madre, una donna di montagna con un figlio punk, che per più di vent'anni ha convissuto con il gran dispiacere di avere un figlio così, poi la comprensione e l'avvicinamento tra due mondi solo apparentemente lontani.



Quello che mi ha colpito molto di questo film non è stato cosa Ferretti ha raccontato di sé, ma come lo ha raccontato, il modo con il quale è stato costruito il film.

Ferretti dice ad un certo punto che i cavalli sono sempre stato il collante tra la sua vita da artista cantante punk e le sue radici, la casa e le montagne. Così questo film ha utilizzato le bellissime immagini dei cavalli, i loro sguardi, le loro bizzarrie, per collegare i racconti di Ferretti con quello che è stato sì una buona parte della sua vita, ma anche della nostra (della mia sicuramente).



Sconsiglio questo film a chi si aspetta una cronaca cronologica della vita di Ferretti, con tanto di spiegazioni e giustificazioni sulle sue scelte politiche, artistiche o religiose.

Consiglio vivamente questo film a chi ha la voglia di ascoltare i ricordi di un uomo che in modo sempre onesto si è posto davanti al suo pubblico così com'era, mettendosi in discussione, cambiando o evolvendo i suoi pensieri.

Ferretti è un poeta, un vero artista, come tale spesso controverso, discutibile, anche prolisso, per questo è davvero un privilegio vederlo nella sua casa, tra i suoi luoghi, con i suoi amatissimi cavalli (adorabile vederlo mentre aggiusta la criniera con le forbici a un cavallino insofferente, o quando chiama “piccolo punkettino, vecchio punkettone” un cavallo stupendo che sembra pavoneggiarsi a simili vezzeggiativi) che con una sigaretta dietro l'altra si lascia andare ad un flusso di pensieri e ricordi in maniera così generosa.



Come nelle sue canzoni, anche in questo film rimangono impresse alcune frasi che Ferretti dice, quasi sospira, sottolineate sempre da occhi febbrili e accesi di una luce profondissima: “...la Mongolia è stata la mia guarigione...”, “...quando una madre chiede scusa, non c'è molto altro da dire...”, “...la politica non è una religione...”, “...quando tornavo a casa dai miei viaggi e dai concerti, la prima cosa che facevo era di passare dalle stalle, i cavalli mi sentivano prima di vedermi, quello era il collante tra un mondo e l'altro!”, “...finita la mia esperienza con CCCP mi comprai una cavallina, avevo bisogno di prendermi cura di un animale...”.

Poi il suo sorriso, il modo di voltarsi, come gestire la voce e i suoi toni, tutto in perfetta sintonia con i paesaggi e la montagna e la dignità di quei luoghi, il volto stesso di Ferretti è ormai un paesaggio fatto di percorsi, viaggi lontanissimi, posti segreti... che ancora ci deve svelare.



Colonna sonora manco a dirla: CCCP e CSI, questo è sicuro e garanzia di qualità.

 

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