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Prisoners

Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film

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La recensione su Prisoners

di maurizio73
8 stelle

Due bambine, le più piccole di due famiglie di amici riunite per il pranzo del Ringraziamento, scompaiono misteriosamente nel nulla dopo essersi allontanate da casa. I sospetti su di un possibile rapimento ricadono su di un giovane minorato il cui camper era parcheggiato nelle vicinanze e che viene rilasciato quasi subito per mancanza di fondate prove di colpevolezza. Mentre il detective incaricato delle ricerche segue una difficile pista investigativa tra pedofili locali ed analoghi casi irrisolti, il padre di una delle bambine scomparse rapisce, segrega e tortura l'unico indiziato nel tentativo di estorcergli una confessione che lo stesso sembrava avergli sussurrato all'uscita dalla prigione. La corsa contro il tempo alla ricerca di una verità complessa e difficile faranno incrociare queste due strade nel drammatico e sconcertante colpo di scena finale.
Già apprezzato autore di pluripremiati lungometraggi (ma praticamente sconosciuto in Italia) il canadese Denis Villeneuve filma, nel plumbeo livore di una squallida e uggiosa provincia americana, un thriller teso e dolente che se da un alto ragiona con le insanabili contraddizioni di una società intrisa di un puritanesimo viscerale e ossessivo, dall'altro prova a scardinare le salde certezze dei codici di rispetto e legalità su cui si basa la civile convivenza confondendo vittime e carnefici, rapiti e rapitori, prigionieri e secondini in una drammatica escalation di crimini offensivi e difensivi sul labile confine tra etica e giustizia, tra verità e apparenza, tra salvezza e perdizione (espiazione) fino al tragico scioglimento finale che chiude il cerchio reclamando il pegno di una terribile condanna, nell'atroce contrappasso di un inevitabile delitto dell'uomo contro l'uomo.
Segnado necessariamente il passo sul ritmo narrativo di un lungometraggio di durata eccessiva (francamente 153 minuti sono troppi) l'autore cerca di far collimare tutti i tasselli di un complicato puzzle delle verità apparenti e delle labili certezze spostando l'attenzione dagli insinuanti dettagli di una estenuante ricerca della verità (tra frasi smozzicate e medaglioni intarsiati, tra simboli mistici e labirintici gineprai) al dinamismo delle azioni convergenti in cui i due protagonisti principali sembrano proseguire e affrontarsi su opposti versanti per la ricerca della medesima verità fino all'inevitabile rendez-vous finale sul luogo di un delitto comunque destinato a rimanere insoluto perchè un'altro possa essere fortunatamente (provvidenzialmente) risolto. Cinema di geometrica precisione finisce per assecondare con esplicita evidenza la programmatica tesi di una insanabile e radicale colpa annidata in seno alla moderna società americana (di villette ordinate e orrori domestici), proponendo una interessante ma forse artificisosa dialettica nel rapporto tra dovere familiare (legittimo o malinteso) e rispetto verso l'altro, tra l'etica della giustizia e l'immoralità delle buone intenzioni. Ottimi i due protagonisti con un insolito ed antieroico Hugh Jackman e la caratterizzazione dolente e ostinata del giovane detective interpretato dal più bravo dei fratelli Gyllenhaal. Le cupe ossessioni del cinema nordamericano.

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