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Alabama Monroe - Una storia d'amore

Regia di Felix Van Groeningen vedi scheda film

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La recensione su Alabama Monroe - Una storia d'amore

di OGM
8 stelle

Si può assistere al devastante incedere della morte e del dolore e non aver voglia di staccarne lo sguardo. Si può restare con gli occhi incollati a quel presente tragico e affannoso, che non regge il confronto con un passato che faceva sognare, ed un futuro che sembrava promettere una vita da favola. La storia di Elise e Didier, due musicisti country che si innamorano, si sposano, generano una figlia e poi la perdono a causa di una grave malattia, descrive il tormento del tempo spezzato e l’incoerenza della fortuna, che quasi mai porta a termine ciò che inizia. La felicità si fa strada pian piano nel cammino della vita, e altrettanto lentamente cede il posto all’angoscia. L’andamento del percorso segue il ritmo di una lirica in versi sciolti, che non cerca mai la rima, perché la sua anima è il contrasto, il conflitto tra il prima e il dopo, quell’antinomia che fonde tristezza e gioia nella stessa sobria eleganza di un sussurro a lungo meditato, e poi lasciato per metà inespresso. L’attimo è costantemente vissuto, dai due protagonisti di questa storia, con un’intensità che non si accontenta mai del qui e adesso, perché è carica della tensione per ciò che accadrà domani. Elise e Didier sono gli interpreti di due opposti concetti dell’oltre, che pure intonano all’unisono il canto crepuscolare che nasce dal desiderio di crescere, di andare avanti, di avventurarsi, con la forza dell’immaginazione, al di là dei limiti della conoscenza umana. Questo slancio verso l’infinito ammette una versione religiosa e poetica, che edifica nuove, fantasiose creazioni sulle rovine di ciò che è perduto:  il corpo di lei è cosparso di grandi tatuaggi, ognuno realizzato per coprire il nome di un uomo con cui è finita. E poi ci sono gli uccelli che spesso si posano davanti alla sua casa, e forse uno di loro è la reincarnazione della piccola Maybelle, che torna dal cielo per venirla a trovare. L’incanto dell’invisibile è la sua semplice fede, quella che lui invece sprezzantemente rifiuta,  in nome di una concretezza che assurge ad ideale ribellandosi alle tradizionali inibizioni che frenano il progresso del sapere, quelle pretestuose riserve che assoggettano l’uomo a divieti che ne mortificano la capacità di inventare e tentare l’impossibile, di costruire con le proprie mani strumenti sempre più potenti per  combattere i mali del mondo. Queste due antitetiche visionarietà una volta costituivano i poli di una forte attrazione reciproca, ma con l’improvvisa scomparsa dell’essere che più di ogni altra cosa li univa, si trasformano, d’un tratto, nei monconi di un cerchio interrotto. In mezzo a loro, quello spazio vuoto è il nulla che ha preso il posto dell’avvenire: un enorme abisso di incertezza sul quale Elise e Didier  si affacciano da posizioni ormai inconciliabili. Si poteva stare insieme e andare d’accordo anche quando l’ansia e la pena erano grandi, per quella povera bambina condannata ad un’ingiusta sofferenza. Venendo meno lei, i tanti perché non ammettono più l’unica risposta, evidente ed univoca, sulla quale era ovvio convergere. Le risposte possibili si moltiplicano, smarrendosi nell’arbitrarietà delle ipotesi consolatorie e delle deduzioni più esasperate. L’armonia si spoglia della sua forma melodica, e diventa pura acustica, a cui, come negli accordi del bluegrass, si può sovrapporre l’accento di qualunque emozione. È quel sottofondo indistinto che ci accompagna lungo l’intera esistenza, ed è ciò che rimane intatto, anche quando le parole e i significati sono svaniti: per alcuni è Dio, per altri no, ma per tutti, senza eccezione, è eterno ed inspiegabile.

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