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Quintet

Regia di Robert Altman vedi scheda film

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La recensione su Quintet

di cheftony
5 stelle

Tu giochi al buio ed è una tattica pericolosa. Non potrai mai capire il disegno finché non sei parte del disegno!”

Con questo vuoi dirmi che lo sarò?”

Certo! Nel preciso momento in cui sarà troppo tardi…”

 

 

Una nuova glaciazione ha travolto il pianeta, lasciando pochi superstiti dediti ad un'isolata sopravvivenza; il suolo innevato brulica di cadaveri sbranati da molossi ed è in questo scenario che il cacciatore di foche Essex (Paul Newman) si mette in cammino verso nord, accompagnato dalla giovane moglie incinta Vivia (Brigitte Fossey), allo scopo di riunirsi al fratello Francha.

Riuscito nel suo intento, Essex non può che constatare le bizzarrie della comunità che lo ospita nella cittadella ghiacciata: praticamente nessuno sembra avere un lavoro e molti appartenenti giocano spasmodicamente a Quintet, un gioco di ruolo da tavolo per sei persone, di cui Essex e Vivia stessi hanno qualche reminiscenza dalla loro infanzia.

Mentre il cacciatore è fuori casa per procurarsi della legna, una partita di Quintet ha esiti tragici ed Essex reagisce commettendo la leggerezza di spacciarsi per un uomo al cui omicidio ha appena assistito, tale Redstone, di cui rinviene anche una lista di nomi. Si presenta così ad un albergo/casinò sotto le mentite spoglie di Redstone, ma il temuto giocatore di Quintet Saint Christopher (Vittorio Gassman) e il giudice di gara Grigor (Fernando Rey) non tardano a capire l'inganno. Essex può forse contare sull'affabile Ambrosia (Bibi Andersson), ma non ha ancora capito a che gioco sta giocando: le vite stesse dei partecipanti sono la posta in palio di Quintet…

 

La sola manifestazione intelligente rimasta è il gioco del Quintet. Tutti gli elementi della vita sono contenuti in esso. La nostra arte, la nostra filosofia… Tutti i valori autentici si addicono al gioco. Il gioco è la sola cosa di valore!”

 

 

Quintet”, datato 1979, fu la goccia che fece traboccare il vaso, insieme agli insuccessi commerciali recenti (compreso quello del pregevole “3 Women”, altro film autoprodotto tramite la Lion's Gate Films), che portò Altman ad accettare di dirigere “Popeye” nel 1980 e a dedicare l'intera decade successiva a filmetti low-budget e a progetti televisivi, come agli esordi.

Suggestiva ma sconclusionata incursione nello sci-fi post-apocalittico, è un'anomalia nel fragoroso ed eclettico percorso altmaniano degli anni '70: beffardo, allegorico e visivamente ricercato come sempre, ma anche sfilacciato e privo di ogni forma di umorismo o di tensione drammatica. La suspense sembra volutamente assente e “uccisa” dal ritmo molto compassato, con la maggior parte delle fulminee esplosioni di violenza lasciata fuori scena, il che rende assurdo il divieto di visione ai minori di 18 anni che la censura appioppò al film in diversi Paesi.

Altman, anche ideatore e co-sceneggiatore, sembra prendersela comoda in principio, lasciando dominare giochi sonori (varie eco prorompenti) e visivi; questi ultimi sono frutto della folle trovata di sporcare volontariamente con vaselina i margini delle lenti delle videocamere utilizzate, col “raggelante” (e invero non gradevolissimo) effetto di sbiadire ogni cosa inquadrata al di fuori del centro dell'obiettivo. Il problema di “Quintet” è la mancanza di un'evoluzione: è ricco di momenti riempitivi, di trovate approssimative (come i poster ai muri e i costumi medievali) e di simbologie religiose banali, per quanto queste non sembrino univocamente interpretabili in un'accezione positiva o negativa.

Pure il nodo centrale della vicenda, il gioco da tavolo pentagonale Quintet, è trascurato, privato persino della premura di spiegarne le regole; la chiave di lettura diventa fin troppo presto la raffigurazione di una società in cui non esistono amici ma alleati, in cui ognuno è pronto ad uccidere per motivi futili, in cui si sprecano esistenze insignificanti soli contro tutti.

Da segnalare un cast ottimo, piacevolmente assortito come in una vecchia barzelletta (“allora, ci sono un americano, una francese, un italiano, uno spagnolo, una danese e una svedese… “) ma a dare corpo a personaggi dello spessore – per l'appunto – di una pedina: anche un mostro sacro come Newman risulta costantemente spaesato, concedendo che l'effetto sembra voluto.

Quintet” conserva un certo fascino, ma non si può certo dire che sia il frutto di un Altman ispirato come ai tempi d'oro. Il regista di Kansas City tornò poi a far parlare bene di sé, fortunatamente…

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