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Lo Hobbit: La Battaglia delle Cinque Armate

Regia di Peter Jackson vedi scheda film

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La recensione su Lo Hobbit: La Battaglia delle Cinque Armate

di Fanny Sally
6 stelle

Peter Jackson presta per l’ultima volta (?) la sua cinepresa al servizio di un’opera di R. R. Tolkien, narrando le peripezie del giovane Bilbo e della Compagnia dei Nove Nani della Montagna Solitaria nel capitolo finale della trilogia tratta dal racconto breve Lo Hobbit.

Il ritorno alla Terra di Mezzo però stavolta manca di coinvolgere lo spettatore con la stessa forza e lo stesso incanto che hanno reso Il Signore degli Anelli una pietra miliare del cinema fantasy del nuovo millennio. Le debolezze narrative già emerse nei primi due episodi, infatti, riemergono qui con maggiore evidenza, rendendo questo La battaglia delle Cinque Armate il capitolo meno scorrevole e godibile della lunga epopea.

Dopo l’uccisione del drago devastatore Smaug, protagonista di un’ultima intensa e impressionante sequenza che trasporta subito lo spettatore nel cuore dell’azione, il film sembra spegnersi, inanellando una serie di momenti che gridano epicità in ogni frammento, ma tutti gli intrecci risultano privi di quello spessore e di quel pathos che rendevano avvincente ed emozionante la prima saga.

I continui rimandi a fatti e personaggi di quest’ultima, inoltre, non giovano a risollevare la piattezza narrativa di una sceneggiatura imperfetta e farraginosa che finisce per essere colmata con lunghe scene di combattimenti, di massa e singoli, toccando picchi di drammaticità e di eroismo esagitati che però stridono a volte con le psicologie dei personaggi, non altrettanto chiare e approfondite come in precedenza. Perfino il carismatico Gandalf di Ian McKellen, che aveva dominato le precedenti pellicole, appare meno incisivo del solito, anche a causa del minor numero di battute che gli sono affidate.

Per il resto, gli attori, da Martin Freeman a Richard Armitage, offrono delle interpretazioni molto buone, e l’impatto visivo è come sempre grandioso, grazie a costumi, trucchi e scenografie curatissime, ora fiabesche ora inquietanti, che catturano l’attenzione.

È un capitolo oscuro e dolente, in cui le sconfitte appaiono più pesanti delle vittorie e la speranza di una rinascita pacifica sembra vacillare sotto l’incombere di una minaccia più grande e misteriosa, più volte menzionata, che inizia a profilarsi da est.

I momenti visionari non mancano, tantomeno l'azione e quel pizzico di ironia che smorza la tensione drammatica.

 

Da vedere necessariamente se si è intrapresa la visione dei primi due.

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