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The Rocket

Regia di Kim Mordaunt vedi scheda film

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La recensione su The Rocket

di OGM
8 stelle

Una nuova diga spezza in due tante esistenze. Anche quella del piccolo Ahlo, un bambino laotiano costretto, con la sua famiglia, a lasciare il villaggio natio per trasferirsi lontano, in un sudicio accampamento provvisorio. L’anziana Taitok è convinta che sul nipote gravi una maledizione: è venuto al mondo insieme ad un gemello morto, ed un’antica tradizione vuole che dei due fratelli uno sia fortunato, l’altro portatore di disgrazia. Quest’ultimo potrebbe essere proprio lui, che è stato, sia pur in maniera indiretta, la causa dell’incidente nel quale sua madre ha perso la vita. Però Ahlo non ci sta. Non si arrende all’idea di non poter essere innocente e gioioso, di non avere una speranza, e di non poterne costruire una anche per gli altri. Per lui sopravvivere e  credere in un futuro migliore è un gioco, che parte dalla realtà degli adulti, e dal loro oscuro passato, per esplorare nuove, fantasiose possibilità. Come quella di guadagnare tanti soldi vincendo il primo premio ad una gara di razzi. Quello creato da Ahlo deve essere il più bello, il più potente, quello che riuscirà a volare più in alto di tutti. Il ragazzino potrà realizzare il suo sogno affidandosi ai consiglio del vecchio Uncle Purple, lo zio della sua amichetta Kia, che, tanti anni fa, ha fatto la guerra, e dunque conosce le bombe e gli esplosivi, oltre alla ricetta per fabbricare la polvere da sparo in mezzo alla foresta. La favola è povera e amara, e sarebbe interamente squallida se non fosse attraversata dai colori della natura selvaggia e dell’infanzia, quella dimensione incantata in cui anche un pesce marcio può fornire uno spunto all’allegria. Kim Mordaunt scrive un racconto semplice ma originale, sviluppato intorno ad un percorso di rinascita e di riscatto dall’arretratezza culturale. L’universo degli ultimi – il popolo invisibile che è costretto a farsi da parte e a soffrire in silenzio per servire i grandi interessi economici – è ritratto con le tinte aspre e smorte della rassegnazione, che odora di cinismo ed immondizia, eppure è un terreno fertile, vasto ed assolato, sul quale la pioggia non tarderà ad arrivare. Ahlo deve piantare i manghi avuti in dono alla madre, per poter, un giorno, raccogliere altri frutti. La metafora è ingenua, ma ha il gusto fresco e saporito delle cose autentiche. La sua poesia si mostra nuda e sorridente, mentre si rotola nel fango  della miseria, e a tratti sembra sul punto di cadere in preda alla follia. Uncle Purple non smette mai il suo completo viola, dentro il quale si sente come James Brown, il suo idolo rock. Le sue manie pesano sulla storia, come la lunga ombra delle ancestrali superstizioni di Taitok: lo sfondo della vicenda è una paura radicata nella memoria, che riempie la mente di ossessioni e le grotte di fantasmi. Questo atavico regno delle ombre, però, diversamente da quanto avviene nella Thailandia di Apichatpong Weerasethakul, è  fermo sulle sue posizioni, arroccato in certezze inamovibili, e non è più la meravigliosa fonte dell’eterno divenire. The Rocket è un invito a cessare di voltarsi indietro, e a guardare al domani: un richiamo che si fa strada a fatica sul sentiero accidentato del presente, incespicando di continuo nei fossili di recenti o remoti orrori.

 

Quest’opera ha concorso, come rappresentante dell’Australia, al premio Oscar 2014 per il miglior film straniero. 

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