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Il passato

Regia di Asghar Farhadi vedi scheda film

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La recensione su Il passato

di amandagriss
6 stelle

Per poter andare avanti nella vita è necessario che il proprio passato dorma sogni tranquilli; è necessario essere in pace con ciò che si è stati e si è avuto in precedenza.
Mettere un punto fermo. Voltare pagina. Liberarsi dal paralizzante pantano di inquietudine, dubbi, paure, di 1000 se e 1000 ma. Per farlo bisogna -prima o poi- riprendere le fila di tutto ciò che è rimasto in sospeso, indefinito, senza risposta, vago, incerto, aperto. Per andare veramente avanti bisogna girarsi indietro con sguardo partecipe ma distaccato, bisogna accarezzare i propri ricordi e le proprie esperienze, per quanto ciò possa inevitabilmente provocare dolore, e non rifuggirli o essergli avversi. Bisogna trovare il coraggio di affrontare i propri demoni, di spezzare quelle pesanti catene che rallentano o addirittura frenano il proprio personale cammino. Riprendersi il passato, richiamarlo a sé per guardarlo dritto negli occhi e giocare con lui -o lui con noi- finalmente a carte scoperte. Solo liberandosi del passato si può essere liberi di affrontare il futuro e vivere il presente. Appartengono al passato quei nodi -scorsoi- che penzolano minacciosi sul già difficile vissuto quotidiano: se si ha la forza e la fortuna di giostrarsi fra questi grovigli fatali, semplicemente dimenticando, o (magari) si è in grado di scioglierli, imbarcandosi nella non facile impresa di gettar luce nei più oscuri impraticabili inconfessabili anfratti di quello che è stato, allora il passato lo si può osservare come si guarda un vecchio e oramai innocuo nemico di battaglia, senza restarne troppo turbati. Scottati, soffocati, imprigionati, annichiliti. Senza che il dolore risalga in superficie distruggendo tutto ciò che gli fiorisce intorno. É nel passato la soluzione del proprio presente irrisolto, tormentato, agonizzante.    
Nei complessi e complicati meccanismi interpersonali, nelle sue arzigogolate e spesso spietate dinamiche a effetto domino, dove ognuno (in base al suo ruolo) è detentore della propria -assoluta- verità, dove per ogni vincitore c’è sempre e comunque uno sconfitto, è necessario che il passato sopraggiunga a portare chiarezza, a spazzar via quel cumulo di incomprensioni che ribollono dentro, di soggettive convinzioni che sfaldano quelle poche certezze ancora presenti, che minano all’ineffabile solidità dei legami di sangue.   
Il film di Farhadi è magmatica vitalità, si muove lento ma fluido, piatto ma non per questo spento nelle vite sospese, forse interrotte, di uomini e donne, figli e figlie ‘allo sbando’, alla ricerca costante di un equilibrio perduto, di riferimenti fissi, di volti e presenze che non siano soltanto di passaggio, di una stabilità che finalmente possa mettere radici, crescere e fruttificare.
3 stellette e 1/2

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