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Il passato

Regia di Asghar Farhadi vedi scheda film

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La recensione su Il passato

di LAMPUR
4 stelle

Siamo a Parigi. Periferia grigia e piovosa. Una giovane donna francese, Marie (Berenice Bejo, palma d'oro a Cannes come miglior accenditrice di sigarette), va a all'aeroporto a prendere l'ex marito iraniano, Ahmed - allontanantosi quattro anni prima in preda alla depressione - affinché firmi il divorzio che le permetta di risposarsi un magrebino, Samir, con figlio e moglie, quest'ultima in coma, che vive, di fatto, già assieme a lei (solo padre e figlio, non la moglie) in una casa mezza riverniciata ma con il lavandino otturato, ed alle due figlie, Lea e Lucie avute da una relazione, ancora precedente, con un francese che l'ha mollata e che ora vive a Bruxelles con una compagna un po' strana (così almeno la definisce Lea, la figlia più piccola).

Marie ha problemi con la figlia più grande, Lucie, che non vede di buon occhio l'ennesima relazione della madre, questa volta con Samir (con moglie depressa in coma per tentato suicidio forse perché sospettava che il marito la tradisse con Marie o, perché no, con la lavorante della tintoria della quale Samir è titolare - una col vizietto, forse (giallo nel giallo), di macchiare i vestiti dei clienti antipatici -) dal quale oltretutto aspetta da due mesi un figlio arrivato forse per amore, ma forse incidentalmente, e vorrebbe che l'ex marito (non il padre che sta a Bruxelles, ma Ahmed che non si vedeva da quattro anni) ci parlasse (con Lucie) per sapere meglio i termini della questione.

Ma Lucie, in piena tempesta di nervi adolescenziali, dopo “appena” otto mesi dal coma della moglie del nuovo compagno della madre (insieme comunque anche da più tempo), decide di essere giunta al punto di rottura, di non tornare a casa e rifugiarsi da amici iraniani di Ahmed che si guardano bene dall'avvisare la madre disperata per tranquillizzarla (qui forse nella sceneggiatura c'ha messo le mani pure Polanski) sul dove potrebbe essere finita la figlia.

Ahmed la riporta a casa, cerca una mediazione e prepara la valigia per partire da quel manicomio (dove cominciamo a comprendere perché gli era venuta la depressione) dalla quale i ragazzi più piccoli hanno furtivamente sottratto i regali a loro destinati (vai a sapere come facevano a sapere che erano i loro e soprattutto pensa che per inventarsi 'sta scenetta hanno dovuto simulare uno che arriva all'aeroporto ed invece di prendersi la valigia se la fa portare a casa dove gli giungerà, ovviamente, scassata.. ma sappiamo che le vie di certe sceneggiature sono infinite...)

Grande caos di sentimenti insomma, dove il passato la fa, appunto, da padrone ma senza stare troppo a specificare se passato prossimo o remoto, per cui la prova sensibilità odori alla donna in coma la facciamo dopo otto mesi anziché otto giorni ed il figlio di Samir insensibile - come tutti i bambini e certi registi distratti - al tempo che scorre: ieri vuole scappare dalla nuova casa, oggi chiama affettuosamente mamma la nuova compagna di papà e domani la saluterà con un asettico buonasera.

Il regista furbetto mette tutto in cascina, ci tira fuori pure un mezzo giallo senza darci la soluzione (mo' non è che posso svelarvi tutto ma occhio alle mail...), all'inizio ci vuol far credere anche a del torbido tra Samir e Lucie ed insomma, strano che non abbia pure fatto arrivare, alla fine, il vero padre da Bruxelles, magari finiva di aggiustare lui il lavandino otturato...

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