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Il passato

Regia di Asghar Farhadi vedi scheda film

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La recensione su Il passato

di OGM
8 stelle

Non se n’è mai andato. Hanno solo cercato di metterlo a tacere, sperando di poterlo sostituire con un presente diverso. Ci hanno provato tutti, e gli è andata male. Adesso basta che ognuno sia costretto a guardarsi indietro, per scatenare un dramma collettivo, e dare origine ad una storia. Dopo La separazione, Asghar Farhadi  torna a raccontarci la miseria del dopo, di un momento che potrebbe coincidere con l’alba del cambiamento, e invece si riduce ad un’amara riflessione su ciò che rimane. Un bilancio di addii. Conti che sono ancora in sospeso, perché saldarli sarebbe costato troppo caro. E inatnto il grande sconfitto è l’oblio, l’istinto a dimenticare per poter andare avanti come se niente fosse. Un iraniano, che aveva lasciato la moglie francese quattro anni prima per rientrare in patria, su sua esplicita richiesta ritorna da lei per formalizzare il divorzio.  La donna, all’epoca, aveva già due figlie, una delle quali, crescendo, è diventata un’adolescente ribelle. Adesso la stessa donna ha un nuovo compagno, che vorrebbe sposare: un giovane la cui consorte è in coma da mesi, in conseguenza di un tentato suicidio. Della famiglia ricostruita fa parte il bambino di lui, mentre un altro è in arrivo. La vita potrebbe ripartire da zero, raccogliendo, dal passato, soltanto il meglio, solo i frutti in carne ed ossa degli amori di ieri. Ma Ahmad non è venuto per dare la sua benedizione alla svolta che si sta preparando. Senza volerlo, giunge come il messaggero del tempo che è stato: il testimone delle verità che non si possono cancellare semplicemente perché ci hanno fatto del male, oppure ci risultano ormai troppo  scomode. La sua presenza ferma la fuga verso un domani rincorso calpestando i dolori e calciando via gli errori commessi. Grazie a lui, si inizia a parlare dei fatti oscuri che nessuno aveva mai voluto chiarire. I misteri, i problemi, i dubbi vengono disseppelliti e riprendono ad essere attuali, come ferite aperte, come crepe nella facciata di un’apparente tranquillità d’animo.  L’elemento di disturbo è il punto fermo che segna l’impossibilità di superare ciò è stato accantonato, ma non affrontato. L’irremovibilità è la provocazione che smaschera le superficiali velleità di una rivoluzione avvenuta senza ripensamento, abbracciata sulla scia di una voglia di rivalsa priva del sostegno della coscienza. Tutti  si mobilitano per allontanarsi da una somma di delusioni, e da un evento traumatico che potrebbe generare troppe domande tormentose. Tentano di scappare, mentre qualcuno li trattiene, inchiodandoli alle loro responsabilità, e ponendoli di fronte a loro se stessi, a ciò che sono e che provano, e che non possono fingere di ignorare. In Le passé, la dinamica del ripiegamento, indotto con la forza della critica e della persuasione, è un tira e molla che poco a poco trasforma la trionfale marcia verso la libertà  in una sommessa resa senza condizioni. E la negazione del riscatto è la chiave di una positività riscoperta dentro al cuore, passando attraverso un coraggioso atto di onestà.

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