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In the Name of

Regia di Malgorzata Szumowska vedi scheda film

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La recensione su In the Name of

di alan smithee
8 stelle

TORINO GLBT 2013 - CONCORSO
In nome di quale Dio ci si può ergere a giudici di un impulso naturale come l'attrazione, positiva, per nulla perversa e condivisa, verso un'altra persona? Sia pure quest'ultima del proprio o dell'altro sesso? Sia anche il giudicato un uomo di chiesa chiamato a condurre una missione che si occupa di ragazzi disadattati e difficili da gestire?
Padre Adam possiede la tenacia e la voglia di fare, il carattere e la determinazione per riuscire a riportare un po' di ordine ad un gruppo di ragazzi con problemi caratteriali e di adattamento. Il suo atteggiamento con il giovane introverso Lucasz, improntato sulla complicità da fratello maggiore, si trasforma in qualcosa di più profondo ed intimo risvegliando nel prete un senso di colpa per una pulsione inconfessabile che riteneva di riuscire a governare, almeno fino ai tempi del suo precedente trasferimento. Ma il problema vero non è rappresentato tanto da questo amore che tende a manifestarsi oltre i limiti di un'offerta concreta di aiuto e di amicizia spassionata: il problema è rappresentato dal malizioso giudizio espresso senza ragion veduta dal mondo che sta al di fuori: una civiltà pronta a giudicare freddamente sulla base di presupposti, supposizioni e deduzioni che sviano completamente dai sentimenti più sinceri e reali. La regista Malgoska Szumowska ci racconta sinceramente una storia di una crisi interiore e di un senso di colpa angosciante, e lo fa con schiettezza, evitando tante inutili scenografiche e pruriginose malizie, ma con sincera concentrazione sulla problematica reale e concreta, che parla di sessualità repressa, di uomini di chiesa tenaci e proattivi ed insieme deboli ed esposti come e più di ogni altro alle mille naturali tentazioni del corpo. Un film forte che non si vergogna di mostrare, ma anzi finisce per esaltare le debolezze di una umanità di cui forse converrebbe andare più fieri. Una bella figura sofferta, ma anche tenace quella di Padre Adam, che si rifugia nelle fatiche fisiche di una corsa estenuante tra il verde intenso dei boschi per respingere gli istinti terreni che lo affliggono e lo turbano, amareggiandolo e portandolo ad un passo dalla follia.Una bella, intensa e toccante sorpresa da una Polonia che torna finalmente a far parlare di sé anche cinematograficamente.

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