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Foxcatcher - Una storia americana

Regia di Bennett Miller vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Foxcatcher - Una storia americana

di laulilla
8 stelle

Racconto, un po' modificato nelle date per scelta registica, di un fatto di cronaca gravissimo avvenuto molto dopo le Olimpiadi di Seul del 1988, quando uno spaventoso crimine aveva turbato profondamente l’opinione pubblica per la notorietà delle persone coinvolte, soprattutto di John Eleuthère Dupont.

 

John E. Du Pont era il ricchissimo erede di una famiglia di industriali di origine francese, mentre i fratelli David e Mark Schultz, erano stati campioni olimpionici di wrestling nel 1984 a Los Angeles.


John (Steve Carrell) era un uomo di mezza età, appassionato di quello sport, in cui aveva investito, nonostante l’aperta disapprovazione della madre novantenne (Vanessa Redgrave), una parte cospicua dell’eredità di famiglia, avendo fatto costruire, nel verde della foresta intorno all’enorme villa padronale dei Du Pont, il villaggio di Foxcatcher (il nome sarebbe stato attribuito anche alla squadra), idoneo a ospitare gli atleti candidati a vincere, sotto la sua guida, le Olimpiadi di Seul.

 

John  aveva in mente un progetto molto ambizioso, proiezione della propria megalomania frustrata e del proprio bisogno di affermazione personale, che mettesse in relazione i successi sportivi e le medaglie dei premi con una sua possibile carriera politica nella destra nazionalista del Partito repubblicano, quella dei "patrioti" duri e puri, legati ai valori veri della  tradizione, uscendo finalmente dall’ombra in cui l’aveva cacciato la famiglia, che non gli aveva, mai riconosciuto meriti o qualità, pur assicurandogli i privilegi di tutti i Du Pont.

 

La sua conoscenza dei due fratelli David e Mark Schultz (rispettivamente interpretati da Mark Ruffalo e Channing Tatum) era stata cercata per dare sostanza, con l’arrivo di due campioni, a quel suo progetto: un appuntamento telefonico, un’offerta strabiliante di denaro e una sistemazione lussuosa avevano conquistato subito la fiducia incondizionata di Mark, che era un giovane molto fragile, di carattere cupo, con scarsa autostima e di aspetto sgradevole. David, che con la sua tenace e affettuosa pazienza, lo aveva aiutato a crescere umanamente prima ancora che atleticamente, non accettava di sistemarsi vicino a lui in quel villaggio: era un uomo equilibrato e solare, con una graziosa moglie e una tenera figlioletta, oltre a un lavoro sicuro, che gli bastava per vivere serenamente, non intendendo diventare un professionista del wrestling, semplice hobby praticato nelle palestre un po’ squallide delle periferie urbane.

La sua presenza a Foxcatcher gli si era imposta, però, poiché alla sua osservazione attenta non era sfuggita la metamorfosi profonda del fratello, a cui il sodalizio con John nuoceva visibilmente: era ingrassato oltre il limite consentito a un atleta, mentre il suo sguardo, sempre più torvo e sfuggente, nascondeva qualcosa.
John si stava rivelando, infatti, non solo un allenatore inadeguato per Mark, ma anche un falso e inaffidabile amico: le differenze di reddito e di classe sociale stavano trasformando il poveretto in uno schiavo quasi plagiato, che ora dipendeva completamente dalla volontà e dai vizi del suo guru cocainomane e alcolista, che stava mettendo a rischio non solo la sua forma atletica, ma, ciò che era più grave, l’equilibrio precario che sembrava aver finalmente raggiunto. 

Per stargli vicino, perciò, anche David aveva infine accettato di stabilirsi a Foxcatcher, insieme alla moglie e alla bambina diventando di fatto l’allenatore della squadra nonostante le velleitarie pretese di John.

 

 

 

Nel tranquillo e sereno territorio della Pennsylvania, si erano dunque create le premesse del fatto tragico che costituisce la conclusione, a lungo preparata, di tutta la narrazione.

Il regista Bennet Miller, al suo terzo lungometraggio (il primo era stato Truman Capote – A sangue freddo), indaga con impressionante limpidezza, che ricorda il suo passato di documentarista, gli aspetti più inquietanti e meno spiegabili del comportamento umano. Questa sua ultima fatica non è, infatti, né un film su uno sport povero e poco praticato, né un’inchiesta sulle differenze sociali nella società americana, e neppure un’analisi psicologica sulle conseguenze delle carenze affettive nella formazione del carattere. Questi elementi, pur presenti nel film, costituiscono soltanto un aspetto del racconto. L’interesse di Miller si concentra sul mistero inspiegabile della follia, così devastante da provocare negli uomini una regressione allo stato istintuale, che viene rappresentata, nei due personaggi di John e Mark, sia con la deformazione dei loro lineamenti ottenuta applicando un trucco così grottesco da renderli irriconoscibili, sia con le riprese  insistenti del loro goffo camminare, conseguente alla violenza dura dello sport praticato. Il film segue il percorso della follia che  da John si propaga lentamente a Mark, come una malattia contagiosa, e che a poco a poco lo rende disposto a rinunciare a se stesso, a lasciare che lunghi intervalli di silenzio sostituiscano la volontà di dire, di confrontarsi, magari di discutere, in una parola, di comunicare.

Il suo atteggiamento passivo lascia spazio sempre più vasto alla sopraffazione e all’arbitrio di John, il cui potere di ricatto economico è indiscutibilmente così grande da suscitare una sorta di inquietante fascinazione.

Il racconto della follia è dunque la storia del rapporto malsano fra un guru e l’adepto di una setta, ma è anche e soprattutto la metafora assai trasparente di ciò che era rimasto, alla fine degli anni ’80, del sogno americano, quando il reaganismo aveva permesso a gruppi ristretti di finti patrioti, ma di reali potentissimi paranoici, di decidere della vita e delle fortune di altri uomini, lusingandoli e blandendoli con la promessa di un edonismo alla portata di tutti, che attraeva soprattutto coloro che avrebbero dovuto essere i meno interessati a seguirli.


Film inquietante e cupo, ma assai bello, splendidamente interpretato dagli attori e premiato con la Palma assegnata alla migliore regia all’ultimo Festival di Cannes.

 

Chi è interessato a leggere come andarono le cose nella realtà della cronaca troverà QUI una risposta alla sua curiosità. Ovviamente, dovrebbe aver già visto il film, per evitare anticipazioni sul finale.

 

 

 

 

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