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Foxcatcher - Una storia americana

Regia di Bennett Miller vedi scheda film

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La recensione su Foxcatcher - Una storia americana

di maso
7 stelle

 

Resoconto amaro e puntuale di un insolito fatto di cronaca che gira intorno ai fratelli Shultz, medagliati alle olimpiadi di Los Angeles del 1984 nella lotta grecoromana, ai quali viene offerta l'occasione di allenarsi nella palestra allestita dal ricchissimo John du Pont con la prospettiva di bissare i loro successi a Seoul nel 1988.

Il film gira intorno a questo rapporto di fratellanza oscurato dalla figura inquietante di du Pont al quale Steve Carrell ha dato la giusta dose di follia senza un in inutile sovraccarico emozionale, du Pont è uno schizzofrenico apparentemente lucido che non riesce però a nascondere le stilettate di una giovinezza priva di spensieratezza e amicizia condita da un rapporto conflittuale con padre e madre che gli comprarono il figlio dell'autista come unico amico per riempire gli immensi spazi vuoti della loro proprietà in Pensylvania.

La caccia alla volpe praticata nel podere dei du Pont non interessa affatto l'insolito patriota del ventesimo secolo che preferisce studiare i volatili e soprattutto investire il suo denaro per allestire una palestra di lotta che ironicamente viene chiamata Foxcatcher forse per sfregio dello "sport" preferito dalla gelida madre che a chiare lettere giudica la lotta grecoromana una disciplina minore e quindi parafrasando adatta a figli di un dio minore ed è questo che in realtà sono Mark e Dave Shultz così come il loro imbalsamatore, allenatore, consigliere, mentore, dottore, pusher e carnefice John du Pont.

Mark e Dave sono descritti come due ragazzi grandi, grossi e un po' coglioni, soprattutto all'inizio della storia ma cammin facendo i loro caratteri maturano ma non sempre migliorano, o per meglio dire mutano sotto l'influenza di du Pont e la prospettiva di un sogno americano mai così a portata di mano con un dio denaro così presente ma purtroppo anche inquietante e inaffidabile.

Mark accetta fin da subito la proposta di du Pont mentre Dave ci mette un po' ad arrivare a Foxcactcher ma in un brusco testacoda quello che sembrava credere in pieno negli ideali di du Pont sarà il primo a mollarli dopo il flop di Seoul mentre il secondo con una famiglia a cui pensare li abbraccerà in pieno spinto dalla prospettiva di una solidità economica garantita da Foxcatcher ma proprio lo sgretolarsi dell'equilibrio precario di questo insolito triangolo gli sarà tragicamente fatale.

Il film gira benissimo sulle facce dei tre protagonisti tra i quali Ruffalo nel ruolo di Dave merita una menzione speciale non solo per la solita impeccabile consegna delle battute ma anche nella fisicità espressa nelle prove sportive che il regista ha ricostruito e ripreso splendidamente riuscendo nell'intento di mostrare uno sport poco seguito e spettacolare nei suoi anfratti più nacosti;

al contrario non so se giudicare perfettamente riuscita la prova di Tatum nel ruolo di Mark che all'inizio evidenzia con le espressioni facciali una deficenza mentale un po' troppo marcata ma è chiaro che ha dovuto accettare una richiesta di regia ben precisa forse proprio per sottolineare come Mark sia il personaggio della storia che da gorilla diventa uomo.

Un po' troppo lungo forse ma pervaso da una atmosfera insolitamente inquietante per un film drammatico in ambiente sportivo che Miller ha distillato fin dalle prime scene e poi spalmato in tutto lo svolgersi del racconto.

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