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Gloria

Regia di Sebastián Lelio vedi scheda film

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La recensione su Gloria

di OGM
8 stelle

La disperata fuga di una donna dalla solitudine della mezza età. Gloria non riesce a credere che per lei non vi sia scampo. Non si rassegna, continua a sfidare la sorte, e così si ritrova costretta a scoprire poco a poco quella dolorosa verità. La sua storia non ha nulla di eccezionale: è uguale a mille altre, anche perché in essa la sfortuna è fatta di cose normali, di debolezze ed incoerenze che fanno naturalmente parte della nostra condizione umana.  Ci vuole, però, una grande forza d’animo per trasformare quelle banali disavventure nel sottofondo melodico di una tristezza che non conosce una fine, né una valida ragione. Gloria accompagna il gioco maldestro e crudele del destino con un ingenuo ed aggraziato passo di danza: il suo è l’incedere incerto ma appassionato di chi, comunque, intende osservare da vicino le possibili occasioni, o i probabili tranelli, tastando la loro superficie con un delicato tocco indagatore. La sua curiosità si muove al suono di un’emozione timidamente immaginata, pazientemente cercata, e quindi audacemente abbracciata con tutta l’anima, nell’istante in cui, per stanchezza, anche l’ultimo dubbio svanisce. Il suo rapporto con il coetaneo Rodolfo segue il ciclo delle maree, tra ondate di estremo coinvolgimento dei sensi ed improvvise battute in ritirata, con lui che si lascia vincere dalla paura, e lei che si rifugia in un cupo rancore. Il punto è che la vita ha perso, ormai, le sue tinte decise, quelle che una volta sembravano in grado di resistere al tempo: la facciata è coperta di un colore spento e incrostato, che, solo quando la luce cade in suo favore, può provvisoriamente illudersi di brillare. Per il resto, non è che una patina indurita, che non si lascia eliminare tanto facilmente. Le scelte sono state fatte, ed anche gli errori del passato sono dati acquisiti, impossibili da rimuovere dall’archivio delle domande rimaste senza risposta. Gloria non capisce come mai si sia ridotta così, come mai tutto le sfugga di mano. Anche coloro che la circondano, dal vicino di casa all’ex marito, appartengono allo stesso quadro di fatale infelicità, nel quale ognuno si muove sull’orlo della follia, eppure va avanti così, convinto di non avere alternative. L’irrimediabilità è l’incapacità di cambiare, che accomuna gli uomini e gli eventi; è il definitivo tratto caratteriale verso cui tende ogni processo di crescita, di pragmatica adesione alla realtà,  e di conseguente abbandono dei sogni a lungo termine. Così si accorciano i tempi degli arrivi e delle partenze, delle vittorie e delle sconfitte, nella roulette che segue il caso e, ad ogni mano, può riservare sempre nuove sorprese,  però, in fondo, non è che un disco che gira.  Gloria ci prova, a spezzare quella inesorabile ciclicità che rimanda ostinatamente all’indietro, verso le certezze acquisite a caro prezzo. Per un tratto, procede zigzagando, intrecciando azzardate variazioni sul tema monocorde della retta via. La sua ubriacatura è la matura leggerezza di chi si diverte a puntare tutto sull’ultima carta, sapendo che per avere bisogna comunque dare.  Scommette con semplicità,  forte della saggezza che mantiene la coscienza equidistante dalla temerarietà e dalla resa. Per questo il suo cammino è così lieve, apparentemente esitante e sfumato: dentro di lei c’è una musica che insiste a ricamare, sul ripetitivo ed anonimo ritmo di base, una canzone multiforme, nelle parole e nell’intonazione. Poco importa se la sua allegria è priva di senso, e non è niente altro che una malinconia che ha perso la testa. Con la memoria torna / a un tuffo nei papaveri / in una terra libera / per chi respira nebbia / per chi respira rabbia.

 

 Gloria  ha concorso, come rappresentante del Cile, al premio Oscar 2014 per il miglior film straniero.

 

Paulina Garcia

Gloria (2013): Paulina Garcia

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