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Magic Magic

Regia di Sebastián Silva vedi scheda film

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La recensione su Magic Magic

di alan smithee
6 stelle

CANNES 2013 - QUINZAINE DES REALISATEURS
Sebastian Silva è l’ottimo realizzatore de "La nana" (miracolosamente arrivato in sala pure da noi un paio di estati orsono) e dell’altrettanto riuscito ed ironico “Old cats” (materiale sconosciuto da noi e come tale visto in Francia). L’aspettativa per la sua nuova opera “americana” era dunque molto alta e, come a volte capita in questi casi, la delusione, almeno parziale, si fa sentire in modo più acuto di quanto in effetti meriterebbe: perché ad ogni buon conto si tratta di un'opera interessante ed intensa...pur se non completamente riuscita.
Perché in fondo Magic Magic, impropriamente (o meglio superficialmente) classificato come horror, è in realtà un’opera che tenta di spingersi nei meandri labili e indefiniti del disorientamento mentale, uno stato d’ansia che per diverse circostanze si impadronisce di una bionda graziosa ragazzina (Juno Temple) in viaggio in Cile con l’amica del cuore (Emily Browning), il fidanzato cileno di lei (Augistin Silva, probabilmente fratello del regista), la cugina di costui (Catalina Moreno Sandino dell'indimenticato "Maria full of god")e un buffo amico americano di questi ultimi due (lo spassono ma qui  per la prima volta inquiteante Michael Cera).
Il viaggio in un paradiso naturale mozzafiato, nei pressi di un lago dalle acque smeraldine e circondato da una natura ancora intatta o quasi dall'intervento umano, anziché smorzare i toni di un disagio nei confronti di una compagnia estranea all nostra bionda protagonista, finisce al contrario per accrescere a dismisura l'irrequietezza della giovane, nella mente fragile e vulnerabile della giovane. Episodi cruenti nei confronti del mondo animale e il senso di isolamento che quel paradiso ancora intatto fa percepire, insediano nell’animo condizionabile della giovane un senso di impotenza senza rimedio che la bellezza irreale e lacerante del paesaggio circostante non riescono a placare ma contribuiscono tutti insieme ad accentuarne le conseguenze.

A ciò si aggiunga che il comportamento balordo “dell’amico americano” (un’efficace e dicevamo insolito Michael Cera), la visione di una natura che soffre e si dispera nell’agonia della morte (rappresentata prima da un paio di cagnolini abbandonati al freddo e alla fame, poi l’uccisione premeditata di un pappagallo durante una balorda battuta di caccia improvvisata, ed infine la caduta della pecora nel burone che la scatapulta giù in mare) e una maldestra seduta casalinga di ipnosi, non faranno che peggiorare le già drammatiche conseguenze di una disperazione senza possibilità di ritorno.

La sala apprezza, affascinata forse anche dalla presenza dell’aitante giovane regista Sebastian Silva (un bel ragazzone col "phisique du role" invero più adatto ad un attore che ad un cineasta) e ancor più di una Juno Temple smagrita ma stupenda nel suo vestito lungo a fiori dai tratti vagamente vintage, oltre che dal nerd per eccellenza Michael Cera, ormai una leggenda per i suoi indimenticabili ruoli demenziali e trasognati insieme.
A noi dopo i due apprezzabili precedenti l'opera non ci delude, ma ci pare in un certo senso un passo indietro, certo forse più adatto per farsi conoscere nel mondo degli Studios e della Hollywood che conta...e che speriamo non ce lo distolga troppo dal suo stile pacato ma ironico, pungente ma nei tempi blandi della commedia.

 

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