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Il fuoco della vendetta

Regia di Scott Cooper vedi scheda film

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La recensione su Il fuoco della vendetta

di Decks
6 stelle

Resta un film vedibile di cui va apprezzato il dilemma tra giustizia e vendetta su cui poggiano ottimi attori. Per il resto è un film troppo "derubato", che non offre altro che una diversa rappresentazione (ma neanche più di tanto) di artisti e cultura già collaudati. Niente di nuovo tranne per coloro ancora non stanchi della tematica.

Se 35 anni fa "Il Cacciatore" aveva il Vietnam, oggi "Out of the Furnace" ha l'Iraq.

Si sprecano i parallelismi tra l'opera di Cimino e il secondo lungometraggio di Scott Cooper, impegnato anch'egli su una storia fondata esclusivamente sui personaggi e la loro psicologia.

Vite arrugginite proprio come la fabbrica: unico sostegno per la grigia cittadina statunitense e lontanissima dal sogno americano; trascorrendo le giornate in un luogo decrepito con una spada di Damocle sopra la testa riguardo il proprio futuro, né vicino né lontano da un padre terminale coi polmoni e l'anima ormai incrostati di detriti.

 

Christian Bale

Il fuoco della vendetta (2013): Christian Bale

 

Cooper dà vita ad un'epopea familiare nerissima e soprattutto nichilista, riprendendo quella cultura post-moderna tipica di Cormac McCarthy ed aggiungendovi un cast che fa la differenza.

Il dramma raccontatoci è permeato di una poesia fatalista e disperata: sin dall'inizio un tremendo incidente toglie qualsiasi possibilità di rassicurazione, il personaggio di Russell ci viene presentato come un uomo dal destino segnato e precipita in un baratro sempre più oscuro, in cui la pulsione di morte analizzata già da Freud fa qui capolino in tutta la sua più pura essenza.

E qui si ritorna sul confronto col capolavoro di Cimino: Christian Bale e Casey Affleck sono la stessa faccia della medaglia di Robert De Niro e Christopher Walken, anch'essi si ritrovano in una via senza uscita nella quale sono stati trascinati non da un antagonista quanto da loro stessi.

 

Ed è anche con la sua intensa atmosfera che Cooper ci rende un film desolato, tutta grazie soprattutto a due aspetti tecnici che prevalgono: in primis la fotografia di Masanobu Takanayagi livida e con un sapiente uso delle luci che rendono questo ambiente dell'America che meno conosciamo quasi degradato; in secondo luogo vi è un attento lavoro nella scelta della musica malinconica e dilatata, flebile come è giusto che sia in questo crepuscolo di esistenze attenta nel renderci un passo che ricorda quello degli western e strizza l'occhio al folk rock di Eddie Vedder, quasi Cooper ripensasse alla sua opera prima "Crazy Heart".

 

Woody Harrelson, Christian Bale

Il fuoco della vendetta (2013): Woody Harrelson, Christian Bale

 

Ciononostante, il film non è altro che un piovere sul bagnato: troppi i topoi narrativi che prendono spunto da altre opere, il citazionismo va bene finché non diventa unico mezzo per la riuscita dell'arco degli eventi.

Ecco perchè nella sua prima parte questa pellicola funziona benissimo per poi perdersi in una rimescolanza di McCarthy, Coen e soprattutto Cimino. Sì perchè durante la visione non c'è scena che non ci riporti alla mente quello che già fu e rese grande "Il Cacciatore": l'ambientazione che prevede un nord in via di deindustrializzazione; il reinserimento di un reduce mentalmente traumatizzato nella spenta quotidianietà; i due personaggi principali, i quali spiccano proprio per la loro attenta riproposizione di De Niro e Walken visto che tutti gli altri non sono mai carichi al punto giusto e raramente riescono ad affermarsi durante le loro scene principali, lo stesso Woody Harrelson in piena forma non ha un personaggio abbastanza incisivo da permettergli di imprimersi nella memoria dello spettatore; allo stesso modo Walken aveva la roulette russa ed Affleck ha i match clandestini... E così via, perchè il citazionismo non è sprecato, ma anzi è cardine fondamentale della riuscita del film in questione.

Proprio per questo, malgrado il cast fenomenale si riduce ad essere una parterre di caratteristi al servizio di una storia per niente originale né dal lato della messinscena né da quello della narrazione.

Resta molto poco da dire sul lungometraggio dato che i suoi punti salienti e le sue riflessioni altro non sono che un già visto continuo, il che non dispiace ma rende il tutto prevedibile; fattore questo, che aggiunto ad una storia, come detto prima, che riproduce sostanzialmente di pari passo quella di un film di 35 anni fa, non aiuta di certo lo spettatore più acculturato sul cinema a rivedersi più di una volta quest'opera.

 

Resta un film vedibile di cui va apprezzato il dilemma tra giustizia e vendetta su cui poggiano bravissimi attori. Per il resto è un film troppo "derubato", che non offre nient'altro che una diversa rappresentazione (ma neanche più di tanto) di artisti e cultura già collaudati quali Cimino e McCarthy. Niente di nuovo e dimenticabile tranne per coloro ancora non stanchi dell'inferno incandescente dell'uomo del XXI° secolo. 

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