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I sogni segreti di Walter Mitty

Regia di Ben Stiller vedi scheda film

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Enrique

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La recensione su I sogni segreti di Walter Mitty

di Enrique
6 stelle

I sogni (non più) segreti di Walter Mitty; (ovvero) la ricerca della quintessenza di LIFE e, al contempo (un po’ pretenziosamente), della vita (la propria, più che altro).

Walter Mitty è un sognatore per natura (o per necessità?); una persona che (neanche troppo inconsciamente) ripone, nella capacità di incantarsi ogni due per tre, la propria buffa, personalissima valvola di sfogo, in quanto (egregiamente) funzionale ad estraniarlo da una realtà cinica, asettica ed impersonale. Una realtà che alletta con la possibilità di delegare alla tecnologia (un sito di incontri on-line, nella fattispecie) la soluzione dei problemi individuali (affettivi, nel caso di Walter).

Ma qualche volta (specialmente in costanza di quei sofferti periodi di transizione che periodicamente attanagliano la civiltà umana) le dolorose trasformazioni sociali (dell’ habitat urbano in una giungla ove l’unica legge impone un’estenuante lotta per la sopravvivenza) innescano alchimie evolutive che trasferiscono sul piano della realtà tangibile ciò che fino ad un attimo prima era appannaggio di uno stato mentale. Realizzano il paradosso di una ricerca dell’autenticità, mediata dalla più improbabile delle imprese.

E creano i presupposti per la riscoperta di più genuine strategie onde relazionarsi con gli altri.

 

B. Stiller si conferma un regista di talento (quando si impegna anche nella regia raramente i suoi film risultano inerti e scialbi: alan smithee). Il problema è che percorre il friabilissimo crinale che separa il dramma (attuale e di forte impatto, in teoria) dalla commedia con passo instabile, finendo per esprimere poco del primo e franare malamente sul secondo genere. Capita, infatti, che i soliti equivoci da commedia leggera le facciano perdere contatto con la realtà (più del necessario, quantomeno, e, comunque - e paradossalmente -, anche nei momenti in cui è quest’ultima a fare da cornice agli eventi, come in alcune delle scene finali) e la facciano volare troppo alto, fra le nuvole della spensieratezza più banale ed inconcludente (vedasi, ad esempio, la macchiettistica rappresentazione del “tagliatore di teste” di turno Ted/A. Scott: LAMPUR).

Ma poi il pensiero corre (anche) alla folkloristica colonna sonora (che annovera pezzi interessanti come Dirty Paws e Step out), alla fotografia da Pro loco delle nevi (semi) perenni e al cammeo di Sean Penn in versione guru dell’attimo fuggente (alan smithee) e il sorriso riaffiora sulle labbra. E si scopre un’ulteriore buona ragione per simpatizzare con quel furbo istrione della commedia americana che è (e rimane) Ben Stiller.

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